Il partito

Ricordate l'«amministratore di condominio»? Quella definizione l'ex sindaco Albertini se l'era data egli stesso, anche con una certa dose di civetteria. Voleva dire: amministro per conto di tutti voi Milano bene comune. L'opposizione e la stampa ostile (quasi tutta) gliela ritorsero contro quella definizione, usandola in senso riduttivo, minimalista, perfino dispregiativo. Si rimproverava all'ex sindaco di non avere un «grande disegno», di non dare alla città un «grande sogno». Intanto, però, a Milano si avviava la più importante trasformazione urbanistica del dopoguerra, si ristrutturava e restaurava la Scala, si inaugurava il grandioso nuovo quartiere fieristico. E poi il passante ferroviario, i depuratori, i termovalorizzatori... Insomma un bel po' di lavoro. Ma quella sprezzante definizione restava. E anzi, siccome per l'appunto Albertini decideva un po' troppo, gli davano anche del «decisionista». Cosa succede ora col nuovo sindaco? L'opposto: Letizia Moratti è molto attenta alla dimensione internazionale della città, lancia la candidatura all'Expò 2015, pensa alle Universiadi del 2013 e magari anche alle Olimpiadi del 2020, è attenta all'aspetto della città, affronta globalmente, anche se in modo discutibile, il problema dell'inquinamento e del traffico, ristruttura la macchina amministrativa in funzione delle nuove esigenze. Tutto questo in appena cinque mesi. E cosa le rimproverano l'opposizione e la stampa ostile (quasi tutta)? Esattamente il contrario di quello che rimproveravano ad Albertini: di non occuparsi della ordinaria e minuta amministrazione, di pensare solo in grande, di produrre poche delibere da portare in Consiglio comunale, insomma di decidere poco.

Dimenticando che la Giunta Moratti è al lavoro da appena cinque mesi, ferie estive comprese, e che la nuova macchina amministrativa ha bisogno di un minimo di rodaggio: sono gli uffici degli assessori a preparare materialmente le delibere da presentare in Giunta e poi in Consiglio. L'opposizione fa bene a criticare, anche ferocemente, è il suo dovere democratico. Purché lo faccia in modo coerente e credibile: non si può deplorare oggi quello che si invocava ieri.

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