Pisanu: «L’arresto è la vittoria dello Stato»

Grasso, procuratore dell’Antimafia: «Gli abbiamo fatto terra bruciata attorno»

Pisanu: «L’arresto è la vittoria dello Stato»

Emanuela Fontana

da Roma

«Cosa nostra perde il suo capo indiscusso e l'arresto è una vittoria di fondamentale importanza per lo Stato». Difficilmente capita di chiudere un mandato da ministro con l’annuncio dell’arresto del criminale più ricercato della storia d’Italia. È quello che ha fatto ieri il ministro dell'Interno Beppe Pisanu con la cattura del superboss Bernardo Provenzano. Il ministro si è concesso solo un passaggio di «personale soddisfazione» in una dichiarazione tutta mirata a elogiare gli investigatori della polizia, ma anche dell’Arma e della Finanza, ringraziati da Pisanu a coronamento di un lavoro risolto in pochi giorni ma che ha una storia immensa di indagini alle spalle.
E il ministro ha voluto chiarire ieri, durante una conferenza stampa al Viminale con il capo della polizia Gianni De Gennaro, il procuratore antimafia Piero Grasso e il capo della Dac prefetto Nicola Cavaliere, quale è stata la sua ricetta in questi anni dove gli è stato riconosciuto un buon lavoro anche da larga parte dell’opposizione. Un’eccezione in un governo messo sempre all’angolo. L’arresto di Provenzano arriva dopo «una stagione di grandi successi contro la criminalità organizzata e il terrorismo interno e internazionale», ha ricordato il ministro. Il metodo, ha spiegato, è stato «il coordinamento sempre più stretto tra le forze dell'ordine e l'intelligence che ho posto alla base della mia politica per la sicurezza. È un dato di fatto - ha concluso - che sottolineo con personale soddisfazione mentre mi accingo a concludere il mio mandato al ministero dell'Interno», ha ricordato con sobrietà.
Con la cattura del boss superlatitante «la mafia subisce un’innegabile decapitazione», ha aggiunto. Poi il riconoscimento per tutti: «Il merito di questa straordinaria operazione - ha chiarito Pisanu - va non solo alla Squadra mobile di Palermo e allo Sco, che hanno messo a segno il colpo finale, ma va anche ai numerosi operatori dell’Arma dei carabinieri e alla Guardia di finanza, che in momenti diversi hanno contribuito a questa autentica impresa».
La cattura finale è stata frutto di «un’indagine pura», ripetono i massimi dirigenti: non ci sono stati pentiti, ma «un’indagine sofisticatissima»», ha chiarito Pisanu. Intorno a Provenzano «abbiamo fatto terra bruciata - ha approfondito l’aspetto delle indagini Grasso -. È stato costretto in un angolo, a rifugiarsi nei posti più sicuri, vicini alla sua Corleone».
Intorno a lui, ha aggiunto, soprattutto, il procuratore antimafia, gli investigatori hanno scoperto man mano un mondo consenziente di «imprenditori, tecnici, professionisti, politici». Le indagini sul boss avrebbero dunque aperto nuovi squarci nel mondo della mafia, tanto che per la notte gli investigatori hanno annunciato nuovi arresti.
Un’indagine «pura» perché, ha chiarito Grasso, «non ci sono stati collaboratori e nessuna trattativa ma la dedizione di tanti uomini della polizia di Stato e magistrati». Partono ora comunque nuove inchieste «sul materiale sequestrato e per capire le nuove dinamiche». Ci sarà una guerra interna dopo la cattura? «Sono siciliano, amo la mia terra e farò di tutto per evitare qualcosa del genere», ha assicurato il capo dell’Antimafia.
Se lo aspettavano più o meno così, «solo un po’ più anziano degli identikit», Provenzano. «Non ha detto una parola», confermano i coordinatori istituzionali dell’arresto: «Era assolutamente imperturbabile, non ha opposto nessuna resistenza».
C’è emozione e un senso di liberazione al Viminale: «Ci siamo tolti un peso», dice De Gennaro, che non ha esaltato solo il ruolo della polizia. L’arresto è stato «frutto di un gioco di squadra, poi c'è chi si trova a segnare il gol, ma il sentimento di base è la soddisfazione di poter dire che abbiamo giocato una buona partita».

Provenzano ha commesso un errore? Sono stati bravi gli investigatori, rispondono tutti, «ma se si può dire che abbia fatto un errore - riflette il prefetto Cavaliere - è quel braccio fuori dalla porta». Quello con cui ha preso il pacchettino della biancheria pulita che l’ha tradito, dopo 43 anni da «fuggitivo».

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