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Pittori, lo sgombero «dimenticato»
Valeria Arnaldi
È aria di vittoria quella che in questi giorni si respira in piazza Navona. I pittori ce lhanno fatta: la delibera di sgombero, che li faceva tremare dallo scorso ottobre, non è stata approvata. Malgrado le forti pressioni del sindaco Walter Veltroni ed il prolungamento della seduta, conclusasi a notte inoltrata, lultimo consiglio comunale prima dello scioglimento della giunta, tenutosi lo scorso mercoledì, non è riuscito ad esaminare la questione. Mentre in Campidoglio assessori e consiglieri cercavano di ridurre il più possibile i tempi di discussione dei vari provvedimenti allordine del giorno, in piazza pittori ed artisti tentavano di carpire qualche indiscrezione sullandamento dei lavori.
La tensione accumulata in mesi di battaglie e proteste non poteva non lasciare spazio poi a veri e propri festeggiamenti. «Siamo felici di come sono andate le cose - commenta Salvatore Cosso, portavoce dei pittori -. Il tempo ci ha dato ragione. Speriamo che questi giorni di campagna elettorale servano agli assessori per riflettere e rendersi conto della profonda ingiustizia che commetterebbero, allontanandoci. Daltronde, non siamo soli, lopinione pubblica è dalla nostra parte. Da quando è stata lanciata lipotesi dello sgombero, in molti si sono mobilitati per noi. Lo hanno fatto i romani, ma anche i turisti italiani e stranieri». Il non-voto capitolino ha sospeso per oltre due mesi la delibera, già approvata dalla giunta, che prevede la riduzione delle postazioni in piazza dalle 54 attuali a 33, il trasferimento degli esclusi a Trinità dei Monti e, per tutti, la turnazione mattina/pomeriggio su quattro giorni lavorativi a settimana. «Lo sgombero rimane in programma - garantisce lassessore al Commercio Franco Cioffarelli -. Se saremo rieletti torneremo a discuterne, ma bisognerà aspettare alcuni mesi». Lesito delle elezioni potrebbe fare la differenza per i pittori che hanno deciso di sfruttare al meglio il periodo della campagna elettorale per promuovere il proprio diritto al lavoro. «Continueremo a stare qui ogni giorno - spiega Giancarlo Provvedi, presidente dellassociazione romana pittori ritrattisti caricaturisti - per dimostrare che non siamo responsabili in alcun modo del degrado della zona, ma anzi, lo combattiamo. Abbiamo abbassato i cavalletti per lasciare libera la visuale sui monumenti. Vogliamo così dare la riprova della nostra disponibilità a venire incontro alle esigenze delle istituzioni». Anche gli artisti di strada - ai quali, in un secondo momento, si sarebbe dovuto estendere il provvedimento di sgombero - si sono uniti ai festeggiamenti. «Abbiamo deciso di autoregolamentarci - annuncia Marcel, burattinaio e portavoce di quanti si esibiscono in piazza -. Penseremo noi a far rispettare le regole in materia di rumore, orario e pulizia. Spiegheremo agli stranieri che verranno ad esibirsi qui, che le regole sono cambiate e che abbiamo corso un bel rischio». «Non vogliamo fare politica - conclude Provvedi - ma lavorare dove e come abbiamo sempre fatto. Di certo, però, non possiamo dimenticare che quelli che oggi ci vogliono mandare via sono gli stessi che prima delle ultime elezioni hanno brindato con noi, dicendo che si sarebbero impegnati per difendere il valore della nostra attività».
È aria di vittoria quella che in questi giorni si respira in piazza Navona. I pittori ce lhanno fatta: la delibera di sgombero, che li faceva tremare dallo scorso ottobre, non è stata approvata. Malgrado le forti pressioni del sindaco Walter Veltroni ed il prolungamento della seduta, conclusasi a notte inoltrata, lultimo consiglio comunale prima dello scioglimento della giunta, tenutosi lo scorso mercoledì, non è riuscito ad esaminare la questione. Mentre in Campidoglio assessori e consiglieri cercavano di ridurre il più possibile i tempi di discussione dei vari provvedimenti allordine del giorno, in piazza pittori ed artisti tentavano di carpire qualche indiscrezione sullandamento dei lavori.
La tensione accumulata in mesi di battaglie e proteste non poteva non lasciare spazio poi a veri e propri festeggiamenti. «Siamo felici di come sono andate le cose - commenta Salvatore Cosso, portavoce dei pittori -. Il tempo ci ha dato ragione. Speriamo che questi giorni di campagna elettorale servano agli assessori per riflettere e rendersi conto della profonda ingiustizia che commetterebbero, allontanandoci. Daltronde, non siamo soli, lopinione pubblica è dalla nostra parte. Da quando è stata lanciata lipotesi dello sgombero, in molti si sono mobilitati per noi. Lo hanno fatto i romani, ma anche i turisti italiani e stranieri». Il non-voto capitolino ha sospeso per oltre due mesi la delibera, già approvata dalla giunta, che prevede la riduzione delle postazioni in piazza dalle 54 attuali a 33, il trasferimento degli esclusi a Trinità dei Monti e, per tutti, la turnazione mattina/pomeriggio su quattro giorni lavorativi a settimana. «Lo sgombero rimane in programma - garantisce lassessore al Commercio Franco Cioffarelli -. Se saremo rieletti torneremo a discuterne, ma bisognerà aspettare alcuni mesi». Lesito delle elezioni potrebbe fare la differenza per i pittori che hanno deciso di sfruttare al meglio il periodo della campagna elettorale per promuovere il proprio diritto al lavoro. «Continueremo a stare qui ogni giorno - spiega Giancarlo Provvedi, presidente dellassociazione romana pittori ritrattisti caricaturisti - per dimostrare che non siamo responsabili in alcun modo del degrado della zona, ma anzi, lo combattiamo. Abbiamo abbassato i cavalletti per lasciare libera la visuale sui monumenti. Vogliamo così dare la riprova della nostra disponibilità a venire incontro alle esigenze delle istituzioni». Anche gli artisti di strada - ai quali, in un secondo momento, si sarebbe dovuto estendere il provvedimento di sgombero - si sono uniti ai festeggiamenti. «Abbiamo deciso di autoregolamentarci - annuncia Marcel, burattinaio e portavoce di quanti si esibiscono in piazza -. Penseremo noi a far rispettare le regole in materia di rumore, orario e pulizia. Spiegheremo agli stranieri che verranno ad esibirsi qui, che le regole sono cambiate e che abbiamo corso un bel rischio». «Non vogliamo fare politica - conclude Provvedi - ma lavorare dove e come abbiamo sempre fatto. Di certo, però, non possiamo dimenticare che quelli che oggi ci vogliono mandare via sono gli stessi che prima delle ultime elezioni hanno brindato con noi, dicendo che si sarebbero impegnati per difendere il valore della nostra attività».
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