UNA POLITICA DA BRUCIARE

UNA POLITICA DA BRUCIARE

L’abbiamo scritto e lo ripetiamo: sui rifiuti, la Liguria è messa peggio della Campania. Là, almeno, il termovalorizzatore di Acerra l’hanno votato e localizzato; poi, il fatto che non sia ancora entrato in funzione è un’altra storia. Qui, invece, siamo ancora fermi all’anno zero. Anzi, per la precisione, era stato scelto il sito di Scarpino, poi si è scelto di bloccare tutto. Così, per vedere l’effetto che fa.
Oggi, provo a raccontarvi una storia. Che è quella della mia città, Bergamo. Dove si è verificato un caso simile a quello di Scarpino. Solo che c’è il lieto fine. L’analogia sta nel fatto che i rifiuti finivano in discarica e che, quando si parlò di inceneritore (allora si chiamavano così), la sinistra radicale (allora non si chiamava così, ma era parte del Pci e tutto quello che stava alla sua sinistra) e i vari comitati e comitatini di zona si schierarono contro la costruzione, ipotizzando disastri per la salute. Da quel giorno, a spanne, sono passati una ventina d’anni: il termovalorizzatore è stato costruito, i comitati non esistono più, le cassandre si dedicano a lanciare altri allarmi e i dati sui tumori nella zona sono abbattuti, meno della metà di quelli che si registravano quando c’era la discarica, quella sì inquinante. Senza contare i rischi per le falde e tutto quello che si portano dietro da sempre gli immondezzai a cielo aperto. E questi dati, peraltro, sono scientificamente consolidati, visto che è passato abbastanza tempo per ragionarci sul serio. Ultimo elemento: grazie all’energia prodotta dall’incenerimento dei rifiuti (peraltro con un livello di raccolta differenziata record), si alimenta tutta la rete pubblica e parte di quella privata. E l’energia costa meno.
Insomma, il migliore dei mondi energetici possibili, almeno in mancanza di nucleare e di fonti rinnovabili degne di tal nome. E non è un’eccezione: Stefano Filippi vi ha raccontato su queste pagine il miracolo veneziano dei rifiuti e il caso-Brescia è un modello nazionale. Con una postilla: quella tecnologia a cui guarda oggi tutta l’Italia è assolutamente genovese, visto che è stata voluta dall’Ansaldo e dal suo pool di ingegneri.
Uno di loro, il nostro caro lettore Martino Bolla, predica da anni nel deserto. Profeta ascoltato solo su queste pagine e malsopportato da politici di ogni colore. Eppure, Bolla - che fra i suoi pregi non ha la coincisione, è vero - sostiene una tesi sacrosanta: e cioè che se le strade di Genova non sono come quelle Napoli è perchè la discarica di Scarpino è ancora aperta; che un termovalorizzatore è necessario e che, però, farlo a Scarpino è sbagliato, perchè è un sito inadatto al mantenimento dell’energia, che verrebbe dispersa. Di fatto, vanificando gran parte dell’utilità energetica dell’impianto.
Bolla, però, non è un uomo del partito del no. E pensa a una localizzazione alternativa in porto, magari nei pressi della Lanterna, magari al posto della moschea che qualcuno ha pensato si dovesse localizzare proprio in porto.

E pare davvero una buona idea (il termovalorizzatore, non la moschea), anche perchè - come ha ben spiegato al Giornale il senatore azzurro Gigi Grillo - in questo modo l’immondizia potrebbe affluire al termovalorizzatore anche via mare, con un sistema di chiatte che annullerebbe anche tutti i problemi derivanti dal transito dei Tir carichi di rumenta attraverso la città.
Che sia troppo logico e naturale perchè lo facciano? Aspettiamo risposte da Marta Vincenzi, da Alessandro Repetto, da Claudio Burlando, dall’opposizione. Perchè nessuno potrà dire «Io non lo sapevo».

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