Silvio Berlusconi è di nuovo in campo e si fa sentire. Il leader di Forza Italia, libero da oggi perché ha finito di scontare ai servizi sociali la pena per il caso Mediaset, apre «una nuova era» per il suo partito, ormai sciolto dal Patto del Nazareno con il premier Matteo Renzi e per il centrodestra che vuole di nuovo unito. Per tutti i moderati, dice, il comune avversario torna ad essere la sinistra.
La rottura con il capo del governo e segretario dei democratici è ribadita dall'indicazione ai suoi: «Martedì voteremo contro le riforme, diremo no al pasticcio del Senato». È un «no all'arroganza e prepotenza del Pd, che è stato incapace di cambiare se stesso e il Paese».
Con questo gesto il Cavaliere vuole inaugurare domani alla Camera la «nuova fase», che deve riavvicinare gli azzurri soprattutto agli ex alleati leghisti di Matteo Salvini, per formare insieme «un'unica grande squadra» e candidare di nuovo la coalizione «a guidare il Paese». Berlusconi parla in collegamento telefonico con la kermesse di Bari, per il lancio ufficiale della campagna elettorale del candidato governatore azzurro Francesco Schittulli e sottolinea che le elezioni regionali di maggio «sono una ripartenza e un'occasione di rinnovamento anche per Forza Italia».
Spiega che adesso ha le mani libere, che l'accordo sulle riforme con Renzi non va rinnegato, perché «è stato giusto tentare e ci avevamo creduto fino in fondo, ma ora a testa alta possiamo dire che non siamo stati noi a tradire quel cammino che poteva cambiare il Paese».
Verso il premier e il governo il leader azzurro ha parole dure, per sancire una ferita che appare non rimarginabile. «Speravamo con Renzi di chiudere vent'anni di guerra strisciante. Abbiamo imparato che l'arroganza di chi si ritiene a torto moralmente superiore non è cambiata. Per loro, dialogare significa imporre le proprie idee e la propria visione del mondo. Abbiamo imparato a nostre spese che il partito viene prima del Paese, che il cambiamento per le riforme non serviva a migliorare le istituzioni ma a privilegiare le posizioni di una parte politica». Il cammino per la riunificazione del centrodestra e una nuova speranza di vittoria, Berlusconi ne sembra convinto, passa attraverso la demolizione di Renzi e del suo esecutivo: «A Palazzo Chigi - dice - c'è un governo presieduto dal segretario di un partito mai eletto dagli italiani. È lì con i voti con cui è diventato sindaco di Firenze. Ha promesso tanto e realizzato molto poco». Per il Cavaliere, l'Italia rispetto a quando governava il centrodestra, cioè dal novembre 2011, «sta peggio sul piano economico e democratico, debito pubblico e spesa pubblica sono aumentati».
Musica per le orecchie di Salvini, che aspetta il voto di domani contro le riforme come la prova che è possibile la rinascita della coalizione. Ma il leader di Fi gli lancia un avvertimento chiaro: «Dentro questo centrodestra ci sono sensibilità diverse, ma l'obiettivo comune è sconfiggere la sinistra. Nessuno può pensare di vincere da solo, neppure chi oggi vede crescere i propri sondaggi». Probabilmente, Berlusconi pensa anche agli avversari interni, a Raffaele Fitto con i suoi «ricostruttori» che continua a polemizzare, quando aggiunge: «Ogni corsa solitaria, ogni cedimento al narcisismo politico individualista, condannerebbe tutti i moderati, tutti gli elettori della nostra parte politica, alla irrilevanza. Mi auguro che tutti noi sappiamo rinunciare all'egoismo di rendite di posizioni personali e all'egoismo di esprimere successi personali». Primo passo, governare le Regioni, «dove è possibile». Secondo, «governare il Paese».
di Anna Maria Greco
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