Bologna, il test del Dna riapre il giallo della strage

Perizia sui resti attribuiti a Maria Fresu: non appartengono alla donna. Le vittime salgono a 86

Strage di Bologna del 2 agosto 1980
Strage di Bologna del 2 agosto 1980

Non bastavano processi infiniti, depistaggi, responsabilità rimpallate da destra a sinistra. Nel giallo della strage di Bologna del 2 agosto 1980 si aggiunge l'ennesimo giallo. Quello dell'86esima vittima della strage di Bologna. A quanto apprende l'Adnkronos, la perizia del Dna disposta nel processo all'ex Nar Gilberto Cavallini ha escluso che i resti che sono stati attribuiti a Maria Fresu - che nella strtrage morì insieme alla figlia di pochi mesi Angela - siano effettivamente della donna rimasta uccisa dalla bomba alla stazione.

E allora di chi sono? E perché nessuno ne ha mai reclamato il cadavere? La notizia di fatto conferma la scomparsa del cadavere della Fresu e l'esistenza di una altra vittima, che si aggiungerebbe alle 85 del bilancio ufficiale. Una vittima di cui fino a oggi nessuno ha reclamato il corpo.

Maria Fresu quel giorno era su quella maledetta sala d'aspetto di seconda classe, non ci sono dubbi: «Era di fronte a me, a Verdiana Bivona (allora 22enne, ndr) e alla bambina, la piccola Angela. Noi eravamo sedute. Lei era lì davanti, in piedi. Poi ci fu l'esplosione. Svenni. E quando riaprii gli occhi solo Maria non c'era più. Era scomparsa. Verdiana e la bambina erano a terra, di spalle. Immobili». Così ricorda la scena Silvana Ancillotti, anche lei ancora 22enne aspettava con le amiche il treno che avrebbe dovuto portarle in vacanza a Rovereto.

La scomparsa del suo cadavere per la vicinanza con la bomba, lo dicono gli esperti, non è plausibile. Anche perché avrebbe dovuto valere anche per le sue amiche. Quindi? Le ipotesi si moltiplicano, ma un dato è certo: la storia della strage potrebbe essere riscritta.

La strage di Bologna, dove morirono 85 persone, fa parte del poker di episodi terroristici legati a doppio filo alla strategia della tensione assieme a piazza Fontana (12 dicembre 1969), Piazza della Loggia (28 maggio 1974) e Italicus (4 agosto 1974). Per la giustizia la matrice di questi attentati riconduce all'estrema destra e a frange dei servizi segreti deviati per modificare il corso della storia politica e democratica del Paese.

La difesa di chi è già stato condannato per la strage «di matrice nera» come Giusva Fioravanti e Francesca Mambro, condannati in concorso come mandanti ed esecutori materiali, avrà gioco facile nel chiedere la revisione del processo. D'altronde, è facile ipotizzare quale sarà la linea difensiva: il corpo che è saltato fuori non è quello della Fresu ma quello dell'attentatore, rimasto coinvolto dall'esplosione accidentale dell'ordigno.

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