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Bufale e teorie del complotto "Così ho smascherato Grillo"

Un ex dipendente pentito della "Casaleggio" svela le notizie false diffuse dagli attivisti sui social network

Bufale e teorie del complotto "Così ho smascherato Grillo"

Da dipendente della Casaleggio Associati ad acchiappabufale il passo è breve. Almeno così è stato per David Puente, informatico di origine venezuelana, che ora si occupa di debunking, lo smascheramento delle notizie false che circolano sul web. Un argomento molto attuale. Il 2016 di Beppe Grillo si è infatti concluso con l’affondo contro l’Antitrust.

Il comico genovese si è inserito nel dibattito sulle bufale in rete e ha attaccato l’intervista al Financial Times del presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella. Secondo Grillo, la proposta di Pitruzzella di istituire una task force pubblica anti-bufale, è l’anticamera di «una nuova inquisizione». Scrive il leader del Movimento Cinque Stelle sul suo blog il 30 dicembre: «La post-verità è una definizione usata dai rosiconi che non sono entrati nel ventre della balena del web e quindi non riescono a interpretare i tempi. La post-verità semmai è quella costruita dai giornalisti. Se bloccate un social ne fioriranno altri dieci».

E il 2017 del blog comincia con lo stesso spartito. Ieri, un post dell’eurodeputata Isabella Adinolfi tirava le somme: «È finito il 2016, l’anno del tramonto dei media tradizionali». David Puente conosce bene sia la comunicazione dei grillini, sia le bufale online. L’ex dipendente di Casaleggio ha deciso di impegnarsi a fondo nella lotta alle bufale propinate ai naviganti di internet da improbabili portali d’informazione, pagine Facebook e account Twitter. Spiega Puente: «Nel Movimento Cinque Stelle ci sono persone che credono fermamente a bufale e teorie del complotto. Ma il riportarle tramite loro canali non ha soltanto attirato un elettorato al quale mancava rappresentanza. Alcuni attivisti si sono ritrovati a credere a certe falsità solo “perché se lo dicono loro è vero”». L’attivista, insomma, è vittima della sindrome del «me lo ha detto mio cugino».

Ma non esiste solo il blog di Beppe Grillo, la propaganda viaggia anche su altre piattaforme. Tra cui i social network: «Ci sono una serie di account Twitter, pagine e gruppi Facebook non ufficiali dai quali vengono diffuse bufale per tre motivi: per la convinzione che siano verità assolute, perché sono notizie false a favore del Movimento, e per fare soldi sfruttando la credulità», sostiene Puente, che aggiunge: «L’ultima cosa è la più grave, ma non ho memoria di esponenti del Movimento Cinque Stelle che si siano lamentati di ciò». Il presidente Antitrust Pitruzzella, nell’intervista contestata da Beppe Grillo proponeva la creazione di una sorta di authority pubblica impegnata nello smascheramento delle bufale. Ma secondo l’informatico ex Casaleggio «non dovrebbe essere un soggetto pubblico ad occuparsi di queste cose, anche perché i complottisti andrebbero a nozze nel sostenere che c’è “una censura di regime”».

E poi non bisogna dimenticare la magistratura e autorità competenti ad altri livelli, «anche se ci sono tempi biblici». Qui spunta un altro caso con protagonista Beppe Grillo. Si tratta di una disputa con Franco Battaglia, editorialista del Giornale, un professore impegnato da anni a smontare le teorie complottiste di certi ecologisti. Dice Puente: «Ad esempio Grillo sostenne che Battaglia fosse un “consulente delle multinazionali”.

La magistratura verificò i fatti e condannò il genovese per diffamazione».

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