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Calenda lancia il suo Fronte repubblicano. E indica Gentiloni come punto di riferimento

L'ex ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, lancia il "Fronte Repubblicano": europeismo, innovazione, lotta all'analfabetismo funzionale. Plauso di Padoan

Calenda lancia il suo Fronte repubblicano. E indica Gentiloni come punto di riferimento

Il giorno dopo le elezioni del 4 marzo si è iscritto al Pd. Qualcuno pensava che volesse tentarne la scalata, ma lui è rimasto diligentemente nelle retrovie. Ora l'ex ministro Carlo Calenda esce allo scoperto, ma non per conquistare il Partito democratico. Ha in mente un'altra cosa: il Fronte repubblicano. Ne parla al quotidiano Il Foglio, spiegando che il nuovo soggetto che ha in mente è "un’alleanza repubblicana che vada oltre gli attuali partiti e aggreghi i mondi della rappresentanza economica, sociale, della cultura, del terzo settore, delle professioni, dell’impegno civile!

Dopo essersi soffermato sulle cause che, a suo avviso, hanno portato a un allontanamento dei cittadini dalla politica e "l’esclusione del diritto alla paura dei cittadini e l’abbandono di ogni rappresentanza di chi quella paura la prova", Calenda osserva che "i progressisti sono inevitabilmente diventati i rappresentanti di chi vive il presente con soddisfazione e vede il futuro come un’opportunità".

Calenda indica cinque priorità, battaglie per mobilitare i cittadini tentando di "salvare la Repubblica dal sovranismo anarcoide di Lega e M5S. Si va dal "tenere in sicurezza l’Italia, sotto il profilo economico e finanziario", al rafforzamento degli "strumenti come il reddito di inclusione, nuovi ammortizzatori sociali, le politiche attive e l’apparato di gestione delle crisi aziendali". "L’Italia anello fragile, finanziariamente e come collocazione geografica, di un occidente fragilissimo, è la prima grande democrazia occidentale a cadere sotto un Governo che è un incrocio tra sovranismo e fuga dalla realtà. Occorre riorganizzare il campo dei progressisti per far fronte a questa minaccia mortale".

Necessario inoltre "investire nelle trasformazioni su infrastrutture materiali e immateriali (università, scuola e ricerca) e finanziare un piano di formazione continua per accompagnare la rivoluzione digitale", "promuovere l’interesse nazionale nell'Unione europea e nel mondo, partecipando al processo di costruzione di una Unione sempre più forte" e avviare un "piano shock contro l’analfabetismo funzionale". Secondo Calenda, "la battaglia che abbiamo di fronte si vince anche sconfiggendo il cinismo dei sostenitori di un paese fai da te. Si può fare: L’Italia è più forte di chi la vuole debole".

L'ex ministro osserva che "le prossime elezioni non saranno lontane e quindi" esorta ad affrontarle "costruendo un movimento che metta insieme la parte che ha funzionato del governo nazionale e delle amministrazioni locali, con forze ed energie nuove, come ad esempio ha fatto Pizzarotti con una operazione che ha messo insieme tanti sindaci capaci, ma anche tante esperienze civiche positive nel Paese, e personalità che rappresentano mondi importanti come Enrico Giovannini per la sostenibilità, Marco Bentivogli per il mondo sindacale. Per recuperare al centrosinistra uno spazio di rappresentanza di mondi che appartengono al nostro dna ma che oggi non si ritrovano più nel Partito democratico".

Tra i primi ad accogliere positivamente la mossa di Calenda è l'ex ministro dell'Economia Carlo Padoan: "Il manifesto di @carlocalenda - scrive su Twitter - è un messaggio forte per il futuro dei #progressisti: dare sicurezza all’Italia, proteggere i deboli, investire nelle trasformazioni, conoscere per crescere, modellare uno Stato presente ma non invasivo".

Anche Goffredo Bettini, eurodeputato del Pd, apprezza il contributo di Calenda, anche se non risparmia alcune critiche:"Il manifesto per la nostra discussione è importante. La prima parte, quella di analisi, è molto forte e ben orientata. La seconda, quella delle proposte, presenta spunti e suggestioni condivisibili e altre da discutere. Ma nel complesso mi pare molto al di sotto della prima parte e, in qualche caso, contraddittoria rispetto ad essa. La questione della giustizia, della divaricazione tra ricchi e poveri, della necessità di incominciare a chiudere la forbice sociale non sono il perno di tutto il ragionamento - prosegue Bettini con la sua analisi - Quando invece ogni competitività dell'Italia risiede proprio nell'accorciare le distanze tra Nord e Sud e tra chi, nei processi di globalizzazione, è stato colpito più duramente e chi invece ci ha guadagnato. Tale tema, pur presente nel testo di Calenda, non ne è il fulcro e non illumina l'insieme del discorso.

Comunque è un contributo di alto livello che merita un approfondimento e un ampio dibattito".

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