La revisione del processo per la strage di Erba non s'ha da fare. Nonostante i numerosi buchi neri nelle indagini sulla mattanza nella palazzina al primo piano della corte di via Diaz ad Erba dell'11 dicembre 2005 dove morirono Raffaella Castagna, suo figlioletto Youssef Marzouk, la nonna del bambino e madre di Raffaella, Paola Galli e la vicina di casa del piano di sopra, Valeria Cherubini e le molte incongruenze nella dinamica della mattanza contenute nella sentenza che ha condannato all'ergastolo Olindo Romano e Rosa Bazzi, le prove mai analizzate che potrebbero scagionarli verranno probabilmente distrutte.
Lo ha deciso di sua sponte il tribunale di Como, che ha detto «no» alla sentenza della Cassazione che aveva autorizzato l'analisi dei reperti mai analizzati, tra cui un mazzo di chiavi e un cellulare che non apparterrebbe a nessuna delle vittime, dicendo in sostanza che la questione era stata sollevata dalla corte d'Appello di Brescia. Altre prove sono state distrutte per errore da un cancelliere comasco lo scorso luglio, all'oscuro dell'ordine della Suprema corte che proprio lo stesso giorno aveva stabilito che sì, quelle prove erano da analizzare.
«Sarebbe una cosa abnorme - dice al Giornale l'avvocato di Olindo e Rosa Fabio Schembri - tanto più che arriva dopo la distruzione per errore di altri reperti. Ricorreremo in Cassazione».
Non è escluso che la decisione del tribunale di Como di non rispettare una sentenza possa sollecitare un intervento del ministro della Giustizia, come anticipato ieri sera dalla trasmissione le Iene, che da mesi segue il caso e che ha scoperto nuovi elementi che potrebbero portare alla revisione del caso, come ad esempio le piste alternative come la 'ndrangheta, la contaminazione della prova del sangue trovato nella macchina dei due coniugi, come ipotizzato dal carabiniere che trovò fisicamente la macchia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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