Roma «Quello sul copyright è stato uno dei voti più importanti del parlamento europeo in questa legislatura. La direttiva mette fine al far west digitale, impedendo le scorribande dei giganti del web americani e cinesi e difendendo l'identità nazionale europea». Per Antonio Tajani, che l'europarlamento lo presiede, ma è anche giornalista da una vita e la battaglia l'ha condotta tra mille difficoltà, il via libera definitivo di Strasburgo alla direttiva per la protezione del diritto d'autore è anche una vittoria personale.
L'Europa è il più grande mercato digitale al mondo, ora è più giusto e sicuro?
«Abbiamo difeso la libertà d'informazione e la creatività, stabilendo finalmente regole moderne e al passo con le ultime tecnologie. Così vogliamo proteggere i nostri autori, giornalisti, designer, artisti, stilisti. Dalle industrie culturali e creative dipende il 9% del Pil e 12 milioni di posti di lavoro».
Perché dice che le nuove regole difendono l'identità dei Paesi europei?
«Finora i giganti del web hanno utilizzato contenuti creati in Europa pagando tasse irrisorie, trasferendo grandi guadagni negli Usa o in Cina. La nostra è stata una battaglia di Davide contro Golia. Io voglio vedere i film di Sordi e Totò, più che quelli di Jerry Lewis, ma molto del nostro patrimonio rischia senza tutele. Non abbiamo messo nessuna censura solo regole necessarie».
Ma il governo italiano si è schierato contro, Lega e M5S hanno votato no e ora il sottosegretario all'Editoria Crimi dice che saranno favoriti i grandi gruppi editoriali a danno dei piccoli.
«Non è vero, semmai è il contrario. L'ho detto: sono loro a stare dalla parte di Golia, pur proclamandosi sovranisti seguono una linea contraria agli interessi del nostro Paese e a vantaggio di grandi gruppi stranieri. La riforma assicura una vera libertà di stampa e contrasta il fenomeno sempre più diffuso delle fake news, garantisce ai giornalisti un equo compenso per il loro lavoro, tutela start-up, micro e piccole imprese, non limita in alcun modo Wikipedia o la libertà di satira, né l'utilizzo di Meme».
Prima del voto lei ha detto: Basta pressioni sugli europarlamentari. E Silvio Berlusconi si è complimentato con lei per aver difeso l'europarlamento dalle ingerenze. Che cosa è successo?
«Ci sono stati attacchi informatici al nostro sistema, i miei uffici sono stati intasati dalle email, sono state denunciate dai parlamentari pressioni incredibili, addirittura minacce di morte, prima del voto precedente. Abbiamo registrazioni di telefonate con una voce metallica che ingiungeva di votare contro la direttiva».
Il relatore Axel Voss ha denunciato una campagna di disinformazione da parte di Google, Facebook e Youtube.
«É così, ma noi abbiamo solo regolamentato ciò che non lo era, per mettere fine all'anarchia nel web. Vogliamo garantire la libertà, non conculcarla».
Per Google, la direttiva è stata migliorata ma porta incertezza e Wikimedia Foundation assicura che la battaglia non è finita.
«Abbiamo lavorato al testo in un clima di dialogo e di confronto e fatto correzioni, ma alla fine la maggioranza decide».
Ora la direttiva dovrà avere l'ok del Consiglio d'Europa, che rappresenta gli Stati membri e l'Italia è tra i Paesi che si sono opposti, con Polonia,
Lussemburgo, Olanda e Finlandia. Come finirà?«Non credo che ci siano i numeri per bloccarla e prevarrà il buonsenso. Mi auguro che il governo italiano cambi idea e difenda la creatività e l'identità del nostro Paese».
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