Luca Pavanel
Diavolo di un mondo vino, non passa vendemmia che non spunti una sorpresa. L'ultima è la comparsa di una nuova figura professionale, fino a prova contraria un debutto assoluto in Italia e nei convegni nostrani, dove viene già invitata. Signore e signori, ecco il sound sommelier. Un consulente capace di abbinare la «musica giusta alla bottiglia giusta. Perché il vino si può anche sentire». Naturalmente, almeno all'inizio, con la sua guida, perché è un esperto di ascolti e al tempo stesso un conoscitore, quanto basta, di vini. Ma chi meglio di lui, questo Giano bifronte, lo può spiegare. Al secolo Paolo Scarpellini, 63 anni, per decenni critico musicale poi giornalista specializzato in turismo ed enogastronomia, a un certo punto ha saldato le competenze, inventandosi questo profilo con relativo «servizio».
«Dopo aver avviato l'attività di music-designer (da non confondere col sound design che è un musicista per jingle e colonne sonore, ndr) - attacca - ho ampliato il mio raggio di azione, dedicandomi proprio all'accostamento studiato di musiche, di qualsiasi genere, ai vini».
La domanda sorge spontanea: perché mai indaffararsi per questa - a prima vista - «oziosa» operazione? A suggerire la nuova esigenza è stata la scienza, anzi le neuroscienze. «La ricerca - continua - ha dimostrato come la percezione del vino non sia niente altro che il risultato di un'immagine cerebrale che proviene dalla somma di tutte le sensazioni realizzate dai nostri sensi». Non solo olfatto e gusto, ma anche l'udito. L'avvento del «terzo senso» che contribuisce a far «scoprire aromi, profumi e strutture che senza le note sfuggirebbero o non verrebbero proprio percepite».
Scienziati a parte, Scarpellini il primo «la» per immaginare il piano lo ha ricevuto negli Usa, dove in un dei suoi viaggi turistico-professionali ha partecipato a un incontro-chiave: «L'assaggio di una ventina di vini accompagnato da un'unica canzone». Solo un punto di partenza che all'ex critico è però servito per costruire passo dopo passo il suo personale metodo: «Prima sorso in silenzio, il secondo isolandosi dall'esterno con le cuffie, in modo da concentrarsi il più possibile». Risultato: il 98% dei partecipanti dichiara di aver provato sensazioni «nuove e diverse, più approfondite rispetto all'assaggio iniziale senza la musica».
I primi test l'«eno-musicista» li ha fatti all'Expo 2015 e in seguito l'argomento è diventato protagonista in eventi vari, tra cui «300% Wine Experience» del 12 marzo scorso. Un convengo vicino a Treviso, guest il produttore Albino Armani e un docente di Storia della Musica al Conservatorio di Roma, Guido Zaccagnini. Anche in questa occasione lui ha dovuto rispondere alla domanda delle domande: come fa a decidere quale brano (pop-rock o classica o jazz) ben si sposa con la bottiglia prescelta?
L'esperto: «Per prima cosa studio le caratteristiche del vino (provenienza, invecchiamento, vitigno, colore e gradazione) - afferma - Poi valuto la situazione in cui viene consumato, infine vado nella mia cantina musicale e scovo il pezzo da abbinare». La «cantina» significa 10mila dischi in vinile e altrettanti cd, più un centinaio di terabyte. Esempi di accostamento?
Vermentino: coppia di 40enni a pranzo sulla spiaggia. Per un bianco così - leggero e fresco - «può andar bene Surfin Usa dei Beach Boys, canzone dal sapore estivo e spensierato con strumenti e armonie ridotte all'osso». C'è da accompagnare un Barolo? Scena in Piemonte, cena di Natale, tutti amici sui 50.
«Va bene la canzone Max di Paolo Conte, jazz e un po' calda come il caminetto. Testo ricercato e profondo, corposo come quel rosso. La prossima mossa? «Ho intenzione di ampliare la varietà di abbinamenti - conclude - penso alle birre e allo champagne». Musica maestro, prosit!- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.