«Non vorrei mai far parte di un club che accettasse me tra i suoi soci». La celebre battuta di Groucho Marx si adatta solo in parte alla surreale vicenda del tentativo di Beppe Grillo di entrare nel «club» dell'Alde, gruppo ultraeuropeista caro a Mario Monti, Denis Verdini e un tempo a Francesco Rutelli e Romano Prodi. Perché questa volta sono stati gli stessi liberali a chiudere a chiave la porta e a indurre il presidente Guy Verhofstadt a far saltare l'accordo con il Movimento 5 Stelle.
Il matrimonio politico più breve della storia europea si apre e si chiude nell'arco di 48 ore. Alle 18 di ieri il leader di Alde, Verhofstadt decide di ritirare la proposta di accordo per l'ingresso degli eurodeputati M5S. Il motivo? Mancano le condizioni. «Sono arrivato alla conclusione che non ci sono sufficienti garanzie di portare avanti un'agenda comune per riformare l'Europa» dichiara l'ex premier belga. «Non c'è abbastanza terreno comune. Rimangono differenze fondamentali sulle questioni europee chiave».
In realtà fin dal primo pomeriggio la pressione interna alla famiglia dei liberali stava salendo vertiginosamente con danesi, francesi, svedesi, estoni e finlandesi impegnati in una raccolta firme anti-accordo e gli stessi tedeschi sul piede di guerra. Una pressione esercitata, secondo indiscrezioni, da un numero di europarlamentari liberali oscillanti tra i 26 e i 30 su 69 complessivi (i nuovi rappresentanti Cinquestelle sarebbero stati 17). Una «minoranza di blocco» che ha convinto Verhofstadt al passo indietro.
Il «gran rifiuto» è arrivato nonostante il 78,5% degli iscritti M5s avesse detto Sì in una consultazione on-line al passaggio dal Movimento dagli euroscettici di Efdd - il gruppo di Nigel Farage - ad Alde. Allo schiaffo dei liberali Beppe Grillo reagisce puntando il dito contro i poteri forti. «L'establishment ha deciso di fermare l'ingresso del MoVimento 5 Stelle nel terzo gruppo più grande del Parlamento Europeo. Questa posizione ci avrebbe consentito di rendere molto più efficace la realizzazione del nostro programma. Tutte le forze possibili si sono mosse contro di noi. Abbiamo fatto tremare il sistema come mai prima», scrive il M5S in un posto. «Ora continuerà l'attività per creare un gruppo politico autonomo per la prossima legislatura europea: il Ddm (Direct Democracy Movement)». Non fare parte di alcun gruppo implicherà, comunque, un forte danno economico. «Molto probabilmente confluiremo nei non iscritti, cosa che costituisce un danno enorme» dice l'europarlamentare del M5S Piernicola Pedicini,
L'accordo sembrava certo, anzi forse addirittura sottoscritto già il 4 gennaio. Tra i temi principali c'erano la «riforma dell'eurozona» oltre che «i diritti e libertà». Verhofstadt in corsa per la guida del Parlamento europeo insieme ad Antonio Tajani e Gianni Pittella aveva evidentemente pensato di allargare il suo bacino elettorale, smentendo anche se stesso visto che in un post risalente all'11 giugno 2014 scriveva che «è impossibile per ogni gruppo responsabile e filo-europeo far salire a bordo M5S». Invece Verhofstadt non ha pensato a consolidare consenso prima di affondare il colpo e soprattutto i liberali francesi si sono messi di traverso.
Per la capo delegazione Marielle de Sarnez «molti di noi non possono concepire che un gruppo che ha sempre fatto della coerenza europeista la sua bandiera possa fare questa scelta». Il tutto condito da una previsione fatta prima che saltasse l'accordo: «Verhofstadt ha perso quella piccola possibilità che aveva di fare un accordo con i socialisti e diventare presidente del Parlamento europeo».
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