Le toghe sono stanche, non ce la fanno più e i loro malumori sono un'altra croce nella gestione dell'immigrazione. Sarà il caldo torrido dell'estate, sarà il peso pachidermico dell'ingolfato sistema giudiziario misto all'insoddisfazione per alcune delle norme connesse alla riforma Orlando.
Lo schema del decreto legislativo in materia di riforma della magistratura onoraria è già stato approvato lo scorso 5 maggio. E a breve dovrebbe tornare al vaglio del governo. Ma la magistratura di pace non ci sta. Visto che è sui ruoli dei magistrati non ordinari che insistono le cause apparentemente più semplici ma certamente più rilevanti per dato numerico (circa il 70 per cento di quelle a ruolo). E annuncia una nuova ondata di proteste. Che si estenderà a partire dal prossimo lunedì, per ben tre settimane. A poche ore dall'annuncio dello sciopero, già tornano a rincorrersi, impietosi, i leitmotiv sulle ricadute negative delle nuove norme sull'ordinamento giudiziario. Le associazioni di categoria Angdp, Unagipa e Cgdp denunciano coralmente il rischio del blocco delle convalide delle espulsioni di migranti, materia delicatissima su cui è competente il giudice di pace.
L'Italia è nel caos sbarchi e il pantano della giustizia rende tutto ancora più difficile. La riforma aveva già portato il sistema ai limiti della sostenibilità, con procedimenti infiniti che permettono di prolungare la permanenza nel territorio della Repubblica dei richiedenti asilo non in regola. Fronte caldo, sul quale la magistratura onoraria, lamentano le sigle sindacali, «è impegnata sette giorni su sette» e di questo passo «i procedimenti penali e di convalida delle espulsioni non potranno più essere garantiti». La previsione, contenuta nella riforma, dell'utilizzo della magistratura onoraria e di pace «per non più di uno o due giorni alla settimana a parità di dotazioni organiche si legge in una nota diramata dalle organizzazioni di categoria con un irrisorio compenso da pensione sociale, porterà ad un allungamento considerevole della durata dei procedimenti civili e penali».
Cosiddetti «procedimenti lumaca». Si parla di una durata media di otto anni per le cause civili e di oltre cinque per quelle penali prima di arrivare ad una sentenza definitiva. Tempi lunghi e bacchettate sulle mani, a più riprese, sono arrivate dalla virtuosissima Unione Europea che da sempre lamenta l'eccessiva durata dei processi italiani. Come se non bastasse, cosa ancor più grave è che la riforma «affosserà un settore nevralgico della giustizia di pace qual è quello che si occupa di immigrazione clandestina». Anche stavolta, al centro delle polemiche, c'è l'eterna diatriba sulla pioggia di miliardi destinati dal ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, al salvataggio delle banche.
I giudici onorari tirano per la giacca il governo, reo di «aver stanziato ben 17 miliardi di euro per il salvataggio di istituti di credito». Ed ai magistrati non ordinari essenziali per il funzionamento dei tribunali? Nemmeno un centesimo bucato.
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