Coronavirus

La grande fuga dalla Cina. Londra, Parigi e Berlino fanno scattare i rimpatri

L'esempio italiano seguito da mezza Europa Prima vittima a Hong Kong: 425 in totale

La grande fuga dalla Cina. Londra, Parigi e Berlino fanno scattare i rimpatri

I casi di polmonite da coronavirus aumentano con rapidità crescente, e la conferma della facilità del contagio induce diversi Paesi a consigliare i propri cittadini di lasciare la Cina prima che sia troppo tardi. L'esempio dell'Italia, che ha rimpatriato 60 suoi cittadini con un aereo militare inviato a Wuhan, sarà presto seguito da Francia, Germania e Gran Bretagna. Questo mentre si susseguono allarmi relativi a casi di positività al coronavirus accertati su viaggiatori che hanno fatto visita non solo in Cina, ma anche a Hong Kong dove ieri è stato registrato il primo morto, un uomo di soli 39 anni - e in Thailandia: nel porto giapponese di Yokohama è stata messa in quarantena una grande nave da crociera con a bordo quasi quattromila persone dopo che un anziano passeggero è risultato contagiato e si attendono i risultati dei test effettuati su altre sette persone con sintomi influenzali. In Corea del Sud una donna è stata ricoverata in isolamento dopo aver contratto il virus in Thailandia. Le autorità sanitarie cinesi stanno inoltre cercando di rintracciare migliaia di persone che hanno viaggiato sulla nave da crociera «World Dream» tra Cina e Vietnam, chiarendo che a bordo potrebbero essersi verificati numerosi casi di contagio al momento ancora non apparenti.

In Cina i casi ufficiali della malattia hanno superato ieri i ventimila, con 425 morti, quasi tutti nella provincia dello Hubei epicentro dell'epidemia. Cresce però lo scetticismo in diversi ambienti scientifici: l'università di Hong Kong stima un numero di casi molto più alto di quello dichiarato da Pechino, e si parla di 75mila contagiati a Wuhan. Ipotesi allarmanti, anche se allo stesso tempo gli esperti cinesi rassicurano sul fatto che la maggior parte dei contagiati vada incontro a un decorso della malattia simile a quello di una normale influenza: guarigione completa in una settimana.

Le autorità cinesi danno l'impressione di gestire con affanno questa grave emergenza, che porta con sé ricadute potenzialmente molto serie anche sotto il profilo economico. Basti pensare che in Corea Hyundai ha interrotto la produzione di auto per carenza di pezzi provenienti dalla Cina, mentre Macao ha chiuso per due settimane i propri celebri e redditizi casinò. La commissione permanente del Politburo comunista, che si è riunita sotto la presidenza di Xi Jinping, sembra alla ricerca di colpevoli, e ieri ha ammesso «mancanze» nella risposta all'epidemia, invocando «meno formalità e burocrazia». A fare le spese di queste critiche potrebbero essere funzionari locali accusati di aver minimizzato la gravità della situazione e perfino di aver tentato di impedire la diffusione di informazioni. Il numero due della Croce Rossa dello Hubei è stato licenziato per negligenza, e proprio ieri si è saputo che il medico di Wuhan Li Wenliang, che già alla fine di dicembre aveva tentato di mettere sull'avviso i suoi colleghi sul disastro che si andava delineando, era stato accusato dalla polizia di diffondere «falsi commenti» e si era visto intimare di interrompere la sua «attività illegale». Questo medico è stato in seguito definito tardivamente un eroe, ma nel frattempo si è a sua volta ammalato di coronavirus ed è in terapia intensiva.

A rischiare grosso per le ire delle autorità sono anche comuni cittadini. Nella provincia settentrionale di Heilongjang è stato reso noto che chi diffonde «false notizie» sul virus rischia 15 anni di carcere (sicuramente in isolamento), mentre la diffusione consapevole della malattia potrà addirittura essere punita con la morte. È un fatto che il dilagare dell'epidemia sta mettendo la Cina in sempre più seria difficoltà.

Ora si teme una crisi dei rifornimenti alimentari, mentre già si registrano casi di aumenti di prezzi di beni di prima necessità che il governo definisce immotivati, impegnandosi a garantire produzione e distribuzione a prezzi equi.

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