La nuova follia di quest'Europa è l'illusione che i terroristi islamici possano essere «recuperati», così come avviene con i drogati, gli alcolizzati e i criminali comuni. Innanzitutto è persino impossibile parlare di «recupero», se in partenza ci si rifiuta di indicarli come «terroristi islamici» e li si definisce «foreign fighters», che significa «combattenti stranieri», termine neutrale che non comporta di per sé una negatività, sempre pronunciato in inglese affinché risulti il più possibile incomprensibile. Ancor di più se li si indica «jihadisti», che in arabo significa «combattenti della guerra santa islamica», sconosciuto alla maggioranza dei non arabofoni.
I «foreign fighters» o «jihadisti» sono spesso associati al concetto di «lupi solitari», presentati come schegge impazzite, che non avrebbero assolutamente nulla a che fare con l'islam. Sono «pazzi», «squilibrati», «disadattati». Le cause sono l'emarginazione sociale, la conflittualità etnico-confessionale, la crisi valoriale e identitaria, i trascorsi nella droga e nella criminalità, l'arruolamento in carcere da parte di cattivi predicatori islamici, i contatti con l'Isis via Internet. Ma è tassativamente vietato verificare se sussista o meno un problema insito nell'islam. Perché i precari, i disoccupati, i senzatetto, i drogati, gli alcolizzati, i criminali comuni, i detenuti per reati vari, non sgozzano, decapitano, massacrano e si fanno esplodere? Perché non aspirano a morire dopo aver ucciso il maggior numero possibile di «nemici»? Perché lo fanno solo i musulmani?
È semplicemente impossibile confrontarsi con la realtà del terrorismo islamico fintantoché ci si rifiuterà di guardare in faccia la realtà dell'islam, che significa conoscere correttamente, letteralmente e integralmente ciò che Allah prescrive nel Corano e soprattutto ciò che ha detto e ancor di più ciò che ha fatto Maometto. È in Allah e in Maometto che si annida la radice del male, senza che ciò debba tradursi nella discriminazione o nella criminalizzazione dei musulmani come persone. È un'Europa ingenua, ignorante, pavida, sottomessa e ideologicamente collusa quella che la porta a chiudere gli occhi di fronte alla realtà della guerra scatenata dal terrorismo islamico globalizzato. Che s'illude che per sconfiggere il terrorismo dei tagliagole, si debba legittimare e sostenere il terrorismo dei taglialingue, di chi ci obbliga a riconoscere l'islam a prescindere dai suoi contenuti, consentendo loro di edificare uno «stato islamico» in nuce che si sostanzia di imam, moschee, velo, sharia, banche islamiche, alimenti halal, islamofobia. Piaccia o meno la verità è che siamo in guerra. Ed è una guerra autoctona, endogena, che ci è stata imposta. Non la potremo mai vincere ignorandone l'esistenza. Cullandoci di fronte al fatto che i «foreign fighters» sono numericamente esigui rispetto al totale delle nostre popolazioni.
Perché loro sono solo la punta dell'iceberg. E noi abbiamo paura di guardare in faccia la realtà dell'iceberg: l'islam.
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