Interviste, analisi di laboratorio, database in continuo aggiornamento e mappe con nuovi tasselli ogni giorno. La squadra degli investigatori lombardi, coordinata dall'Asl, non molla e, dopo una settimana, continua le ricerche del paziente zero. Ma la sensazione è ormai chiara a tutti: non verrà mai trovato. «Potrebbe essere asintomatico, potrebbe essere quindi un caso invisibile» afferma il fisico esperto di sistemi complessi Alessandro Vespignani, direttore del Network Science institute dell'università di Boston.
Ogni giorno che passa ha meno importanza sapere la sua identità. Tanto che il presidente della Regione Veneto Luca Zaia sprona: «Finiamola con questa storia della ricerca del paziente zero, penso sia una inutile perdita di tempo».
UNA SOLA ORIGINE
Quel che conta però è aver individuato con certezza il focolaio da cui è partita la catena di contagi. Ed è uno solo (il Lodigiano) e non sono due come si era inizialmente ipotizzato. C'è un filo invisibile che unisce i contagi di Lombardia e Veneto. «Abbiamo trovato la nota di congiunzione per cui il focolaio del Veneto deriva da quello lombardo» conferma Walter Ricciardi (Oms). «Inizialmente - puntualizza il ministro della Salute Roberto Speranza - i focolai sembravano distinti ma poi si sono dimostrati connessi. Da questi, allo stato di avanzamento della ricerca, derivano in massima parte i casi segnalati in altri centri del nord Italia, ma anche in Sicilia». Anche il contagio in Abruzzo sembrerebbe essere una «metastasi lombarda», come la definisce il virologo di Pescara Giustino Parruti, e deriverebbe da una turista della Brianza in vacanza a Roseto degli Abruzzi (Teramo).
ZONE SORVEGLIATE SPECIALI
Oltre alla zona rossa di Codogno e dintorni, spunta l'ipotesi di una seconda area critica, che tuttavia al momento è semplicemente una «sorvegliata speciale». Si tratta del comune di Alzano Lombardo e della zona della bassa valle Seriana, in provincia di Bergamo. Oltre al primario dell'ospedale, si è verificata una concentrazione preoccupante di casi ma si valuterà nelle prossime ore se procedere con misure di isolamento come nel lodigiano.
Esclusa invece l'ipotesi che ci sia un nuovo focolaio, indipendente dalla rete di contatti, a Milano. Per ora non si parla di nessuna zona rossa nemmeno per Cremona che, con 91 casi, è la seconda città più colpita dopo Codogno.
NEI LABORATORI DEL SACCO
Una buona notizia arriva dai laboratori dell'ospedale Sacco di Milano. I ricercatori, guidati dall'infettivologa Claudia Balotta, hanno isolato il ceppo italiano del coronavirus di quattro pazienti di Codogno. Ne dà notizia Massimo Galli, ordinario di Malattie infettive all'Università degli Studi di Milano e primario del reparto di Malattie infettive che spiega: «I virus dei quattro pazienti sono molto simili tra loro ma con delle differenze legate allo sviluppo in ogni singolo paziente». La scoperta è fondamentale per tracciare le sequenze molecolari del virus e conoscerlo meglio, sapere cioè come e in quanto tempo passa da un soggetto all'altro. E pazienza se non verrà trovato il paziente zero, la mappatura dei movimenti dell'infezione arriverà dalle informazioni dei vetrini.
IL SUPER DIFFUSORE
Le informazioni che arrivano dai laboratori confermeranno anche che il giovane lombardo considerato caso uno dell'epidemia è sicuramente un
superdiffusore, un soggetto cioè con una contagiosità molto superiore alla media. Non ha certo contagiato tutti gli oltre 200 malati in Lombardia, ma alcune decine sicuramente sì, mentre il tasso medio di contagiosità è pari a 2,5.
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