Code ai seggi, vetrine sigillate, strade blindate, e assembramenti a ridosso della Casa Bianca. Così Washington ha vissuto la giornata più importante della sua recente storia, quella in cui si è deciso il nome del prossimo presidente americano tra Donald Trump e Joe Biden. Come in tante altre città americane, da New York a Los Angeles, da Chicago a San Francisco, il clima è teso e il timore di scontri, disordini e saccheggi è altissimo. L'attuale Comandante in Capo, dopo la raffica di comizi degli ultimi giorni, aveva un solo appuntamento ufficiale in agenda, una visita a uno degli uffici del partito repubblicano ad Arlington, in Virginia, sede del quartier generale della sua campagna, per ringraziare tutti degli enormi sforzi delle ultime settimane. Poi è tornato alla Casa Bianca - blindata e circondata da una barriera anti-proteste ampia e invalicabile - in attesa della lunga nottata elettorale. Mentre nel 2016 scelse un luogo anonimo e intimo, il salone delle feste dell'Hotel Hilton Midtown di New York, a due passi dalla sua Trump Tower, questa volta rimarrà barricato al 1.600 di Pennsylvania Avenue, dove ha organizzato un «watch party» con almeno 250 persone nella East Room per seguire lo spoglio. Con lui i suoi più stretti collaboratori e i familiari, a partire dalla figlia Ivanka e il genero Jared Kushner, nei momenti clou punti di riferimento irrinunciabili per The Donald.
La first lady Melania, invece, ieri mattina ha votato a West Palm Beach, in Florida (dove si trova la residenza della coppia presidenziale, nel resort di Mar-a-Lago), prima di rientrare nella capitale. Alla domanda del perché non lo abbia fatto col marito la scorsa settimana, Melania ha risposto: «È l'Election Day, ho preferito votare oggi».
Mentre sul fronte democratico, l'ex numero due di Barack Obama ha aperto la lunga giornata elettorale recandosi con la moglie Jill nella chiesa di Wilmington, in Delaware, dove vive e dove si trova la tomba del figlio Beau, morto nel 2015 di cancro. Quindi è volato in Pennsylvania e ha fatto tappa alla piccola casa di due piani dove ha vissuto sino a 10 anni a Scranton. «Dobbiamo risanare la spina dorsale di questo Paese, è la working class che ha costruito gli Stati Uniti non Wall Street», ha detto a una piccolo gruppo di sostenitori. Poi è rientrato a casa a Wilmington, per seguire lo spoglio insieme alla famiglia e all'aspirante vice Kamala Harris con il marito Doug Emhoff. Oltre 100 milioni di americani avevano già espresso la loro preferenza prima de 3 novembre, e con le schede dell'Election Day è prevista un'affluenza record. Ma bisognerà attendere i voti per corrispondenza che in alcuni stati chiave verranno accettati anche nei prossimi giorni.
Durante la giornata del voto si è registrato anche il giallo delle telefonate, con l'Fbi che indaga. Gli elettori in diversi Stati hanno ricevuto chiamate registrate che invitavano a restare a casa. In particolare autorità e funzionari di partito hanno segnalato un'impennata di telefonate automatiche che adducevano le scuse più disparate per dissuadere dal recarsi alle urne negli Stati in bilico, inclusi Iowa, Pennsylvania, Michigan e Florida. A Flint, ha twittato il procuratore generale del Michigan Dana Nessel, dicono che «per via delle lunghe code, i residenti dovrebbero andare a votare domani. Ovviamente è Falso e un tentativo di soffocare il voto».
Biden sino all'ultimo è rimasto il favorito, ma Trump si è mostrato ottimista: «Avremo più di 306 grandi elettori», ha detto, prevedendo di fare meglio del 2016. «La mia squadra pensa che stiamo vincendo in Texas, Florida e Arizona», e che in North Carolina e Pennsylvania «stiamo facendo molto bene», ha affermato ieri mattina in un'intervista a Fox, tornando poi ad attaccare l'aspirante numero due di Biden, Kamala Harris, che secondo lui sarebbe una «pessima» prima vice donna.
Il rivale dell'Asinello, da parte sua, nell'ultimo appello agli elettori ha ripetuto per l'ennesima volta il suo mantra, ossia che sarà il presidente di tutti: «Corro come un candidato democratico, ma governerò come un presidente americano. Lavorerò con democratici e repubblicani e anche per quelli che non mi sostengono, perché questo è il lavoro di un presidente».
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