Politica

L'educazione non si fa su Facebook

di Claudio Risé

B asta risse tra genitori e insegnanti sui compiti a scuola. È già difficile comunque educare i figli, se poi i maestri e i genitori (le due principali autorità che se ne occupano) si mettono a litigare fra loro, allora è davvero finita. Esistono istituti dove i compiti si fanno a scuola, altri dove si fanno a casa, ed altri dove non si fanno per niente. I genitori scelgano quello con la regola che va bene alla famiglia, e poi la seguano, con animo il più possibile pacificato. L'educazione dei bambini non può realizzarsi attraverso referendum, appelli su Facebook o accordi raggiunti caso per caso; le regole vanno condivise prima, e poi seguite.

Costruire oggi un rapporto positivo coi figli, aprendosi un varco attraverso il muro pressoché impenetrabile rappresentato da cellulari, tablet e computer è già (come i genitori sanno benissimo), un'impresa molto difficile, a volte quasi eroica. I ragazzini hanno testa e dita completamente impegnate sugli schermi, difficile farsi ascoltare. Per riuscirci, o almeno provarci, è indispensabile che gli adulti si alleino tra di loro e smettano di competere per chi ha più prestigio presso il bambino. Dando finalmente ai bambini prova di possedere la dote oggi forse più preziosa e più rara: il buonsenso.

Una qualità che ci segnala con mille dati e statistiche semplici, combinate o variamente shakerate tra loro che oggi l'insegnare ai piccoli italiani a fare i compiti, a faticare, è il primo problema del paese. Tutto contribuisce a mostrarcelo. A cominciare dall'occupazione che sale tra gli stranieri, mentre scende tra gli italiani, e soprattutto tra i giovani, sempre più spesso disoccupati. Perché? Perché i lavori che vengono loro offerti, quelli che ci sono, non gli vanno bene. Ne vorrebbero di migliori, meno pesanti, e meglio pagati. Per carità, hanno le loro buone ragioni, come di sicuro ne ha chi non accetta le condizioni del mercato italiano e se ne va in cerca di migliori occasioni. Ma chi resta e non lavora, i famosi «né né» (né studio né lavoro), che in Italia sono la fetta più numerosa (anche rispetto al resto dell'Europa) sono quelli cui non è stato insegnato a fare i compiti.

Padri, madri e educatori devono avere chiaro che insegnare ai figli a fare ciò che è richiesto, senza discuterne troppo e mettendosi d'accordo almeno su questo, è oggi la prima necessità per il futuro dei ragazzini (naturalmente anche per il Paese). Compito dei genitori diventa allora sopportare le eventuali tignosità degli insegnanti; compito dei quali è tollerare i genitori, anche quando li trovano antipatici o arroganti. Se genitori e insegnanti non ci riescono, viene da pensare che proprio loro, gli adulti, le «agenzie educative», come si dice in burocratese sociologico, sono i primi a non saper fare i compiti.

Il primo dei quali, per ogni figura educativa, è insegnare ai bambini a fare ciò che la vita chiederà loro.

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