Le sanzioni economiche. Nel caso specifico le sanzioni contro la Russia per il conflitto con l'Ucraina. Quanto ci costano? E a chi costano di più? E, soprattutto, che cosa accade se qualcuno cerca di aggirarle? Interrogativi cui, il professor Vittorio Parsi, direttore di Aseri, l'Alta scuola di economia e relazioni internazionali e professore ordinario di Relazioni internazionali nella facoltà di Scienze Politiche e Sociali dell'Università Cattolica di Milano, ci aiuta a trovare una risposta
Professore hanno ancora senso questo tipo di sanzioni?
«Le sanzioni servono nel senso che l'alternativa, nella politica internazionale, è il conflitto. Sono efficaci perché presuppongono una graduale escalation ma è chiaro che, in un sistema economico caratterizzato dall'interdipendenza, ogni chiusura di scambio danneggia comunque sia il venditore e sia l'acquirente».
A chi giovano e a chi nuocciono realmente?
«È chiaro che alcune economie occidentali possono venire danneggiate dall'interruzione del commercio con la Russia. La vulgata è che l'Italia abbia un importante interscambio economico con Mosca ma la verità non è questa, perché ci sono altri Paesi che hanno un percentuale di export verso Mosca ben superiore a quella italiana e mi riferisco, fra gli altri, ai Paesi Baltici, all'Ungheria, alla Polonia, alla Turchia, alla Germania. Certo se pensiamo al comparto dell'agricoltura o della moda è chiaro che noi paghiamo un prezzo più alto. È un dato di fatto che la Russia comunque sta già pagando un prezzo alto fin dalle prime sanzioni: lo spread è schizzato e nel Paese c'è un'inflazione importante».
E se uno Stato o un'azienda aggirassero le sanzioni che cosa accadrebbe?
«Intanto quando le sanzioni vengono adottate, come in questo caso, dall'Unione europea nell'ambito di una misura di politica estera di sicurezza comune e vengono deliberate all'unanimità dal Consiglio d'Europa, a quel punto devono essere rispettate da tutte le persone giuridiche che svolgono attività dentro l'Unione europea e da tutte le persone giuridiche che siano registrate nell'Unione anche se svolgono attività commerciale fuori dall'Unione europea. Quindi sono perentorie per tutti i soggetti. È responsabilità degli Stati rendere esecutive le sanzioni adottate con appositi regolamenti destinati alle aziende e alle persone giuridiche e riferire regolarmente all'Unione la loro corretta applicazione. Uno Stato che non adempie a queste regole è immediatamente soggetto ad una procedura d'infrazione da parte dell'Unione. Quindi, per intenderci, è l'Italia che deve adottare e un regolamento ad hoc, trasmetterlo ai soggetti interessati e farlo rispettare. E colpire con una sanzione l'azienda che dovesse aggirare quelle disposizioni».
Secondo lei l'Italia ha già provveduto ?
«Sì, sarebbe troppo evidente se non lo facesse e non sarebbe una trasgressione di piccola rilevanza tenuto conto, a maggior ragione, che l'Unione europea ci sorveglia con molta attenzione».
Non sono un po' troppo pesanti queste sanzioni?
«Certo che le sanzioni sono dolorose, tanto più che noi pagheremo un costo economico relativo alle contro-sanzioni russe.
Ma teniamo presente che se il sistema internazionale diventasse più insicuro, più instabile, più esposto alla prepotenza militare, il livello di confidenza nel commercio internazionale si abbasserebbe e si ridurrebbe. E questo sarebbe un danno molto più elevato che non quello delle sanzioni sull'export di prosciutto eccetera, perché la sanzione è destinata ad esaurirsi nel tempo una volta che ha raggiunto il suo scopo».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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