Dopo il disastro combinato giovedì scorso dal presidente della Bce, Christine Lagarde, le Borse europee hanno ripreso fiato grazie alla «correzione di rotta» operata dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Molto hanno influito anche le sostanziali smentite della gaffeuse transalpina da parte del capo economista dell'Eurotower, Philip Lane («Siamo pronti a fare di più») e dal governatore di Bankitalia, Ignazio Visco («La Bce può potenziare i suoi acquisti di obbligazioni»). A Milano l'indice Ftse Mib ha recuperato il 7,12% dopo che durante la seduta il rialzo era giunto fino al 17% per smorzarsi con l'avvio meno brillante di Wall Street (poi risalita a +5,6% a un'ora dalla chiusura). Lo spread tra il Btp e il Bund tedesco è sceso a quota 239. Molto più contenuto il recupero delle Borse europee: A Londra l'indice Ftse 100 è avanzato del 2,46%, Parigi ha guadagnato l'1,83% e Francoforte solo lo 0,77 per cento.
«Gli Stati devono sentirsi liberi di adottare le misure a sostegno dei settori più colpiti e alle persone, concederemo la massima flessibilità sul Patto di Stabilità e gli aiuti di Stato», ha dichiarato ieri Ursula von der Leyen accompagnata dai vicepresidenti Valdis Dombrovskis e Margrethe Vestager, «guardiani» dell'austerity. «Siamo pronti ad aiutare l'Italia con tutto quello di cui ha bisogno. Il prossimo potrebbe essere un altro Stato membro», ha aggiunto.
Questa precisazione, unitamente alla conferma che nel 2020 per tutta l'Europa sarà recessione a causa del coronavirus, ha reso molto più comprensibile la ragione per la quale sia stato contraddetto il dogma della sostenibilità dei conti pubblici sul quale si fonda tutta l'impalcatura costruita dagli euroburocrati. La Germania ora ha necessità di allargare i cordoni della borsa per sostenere la propria economia e, quindi, come Berlino vuole, Bruxelles dispone.
Una miopia denunciata nuovamente da Silvio Berlusconi. «Che errore la Bce: è indispensabile immettere soldi sul mercato e permettere alle banche di erogare prestiti a chi ne ha bisogno. Siamo al lavoro in Europa per cambiare questo orientamento o Covid19 lascerà un deserto economico», ha scritto su Facebook il leader azzurro ribadendo che la priorità è «difendere i posti di lavoro e sostenere direttamente chi non può lavorare e le imprese costrette a chiudere».
Il governo tedesco, infatti, ha annunciato prestiti «illimitati», con una disponibilità almeno di 550 miliardi di euro, per aiutare le aziende ad affrontare i problemi di cassa dovuti all'epidemia. «Non esiste un limite massimo, questo è il messaggio più importante» ha detto il ministro delle Finanze Olaf Scholz. Se il valore assoluto è già di per sé indicativo dello sforzo che la cancelliera Angela Merkel intende compiere, è quello relativo che rende ancora più lampante la disparità delle regole e delle forze in campo. Orbene, 550 miliardi di euro corrispondono all'incirca al 15,5% del Pil tedesco 2019. Se Berlino, come è probabile li finanzierà interamente in deficit, sfonderà i parametri del Patto di Stabilità. Roma, invece, è in imbarazzo per i 25 miliardi stanziati di cui 20 miliardi in deficit (1,1% del Pil).
Va detto che la Germania se lo può permettere: il rapporto debito/Pil è di poco superiore al 60% a fronte del 134% circa dell'Italia. Non cambia, però, il succo della questione: ora che imprese e banche tedesche potrebbero collassare, si può spendere. L'importante è non spacciare tutto questo come solidarietà fra Paesi europei.
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