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Via l'ultimo italiano da Kabul. Il Paese "in mano" ai talebani

Rientrati i nostri militari. L'11 settembre anche gli Usa. I tagliagole islamici circondano tutte le città principali

Via l'ultimo italiano da Kabul. Il Paese "in mano" ai talebani

Afghanistan addio: l’ultimo volo operativo per riportare a casa le truppe da Herat è atterrato in Italia nella notte fra lunedì è martedì. La missione più lunga e sanguinosa delle forze armate italiane è finita, ma i talebani stanno avanzando in tutto il paese. E dopo l’11 settembre Kabul potrebbe trasformarsi, nel giro di pochi mesi, in una nuova Saigon. Il generale non più in servizio attivo, Giorgio Battisti, che ha servito in Afghanistan è convinto che “il rischio Saigon dipenderà se l’aeroporto di Kabul rimarrà o meno in mano alle forze Nato. Washington sta trattando con i turchi per mantenere il controllo dello scalo”.

Ad Herat c’è ancora una squadra logistica italiana con un minimo di protezione per imbarcare sugli enormi aerei da trasporto Ilyuschin noleggiati il materiale più ingombrante. Se lasciamo qualcosa di importante rischiamo che finisca nelle grinfie dei talebani. La provincia di Farah, poco più a sud, dove il contingente italiano ha combattuto duramente, è già caduta quasi completamente nelle mani degli studenti guerrieri. Nove degli 11 distretti sono sotto controllo talebano, compresa base Tobruk a Bala Baluk, che era stata messa in piedi dai paracadutisti della Folgore. Il governatore Basir Salanghi, che nel 2001 guidava le colonne anti talebane alla conquista di Kabul con l’appoggio dei B 52 americani, è asserragliato nel capoluogo provinciale.
Più a nord anche il distretto di Bala Murghab è caduto, dove i soldati italiani avevano tenuto per anni, con le unghie e con i denti, la base avanzata Columbus.

Il 24 giugno, Sirajuddin Haqqani, il numero due dell’Emirato islamico dell’Afghanistan ha inviato precise direttive ai talebani su come agire “nelle zone liberate”. Per la Nato è ancora fra i primi dieci ricercati, vivi o morti, come fondatore della rete Haqqani, alleata di Al Qaida, assieme al padre Jalaluddin, scomparso nel 2018, che combatteva dai tempi dell’invasione sovietica. Le istruzioni ai comandanti talebani sul terreno sono di “evitare saccheggi, vendette e perdonare chi aderisce all’Emirato amministrando i territori liberati secondo la Sharia” la legge del Corano.

Otto province, con i capoluoghi circondati, sono a rischio imminente di venire conquistate dai talebani. Il primo capoluogo potrebbe essere Kunduz, sotto attacco dal 20 giugno. Da maggio ben 50 distretti in diverse parti dell’Afghanistan sono caduti nelle mani degli studenti guerrieri. Basi e avamposti soccombono, talvolta senza sparare un colpo. I talebani mandano sui telefonini dei comandati governativi messaggi molto chiari: “Arrenditi o muori”. Oppure pagano gli anziani dei villaggi per trattare la resa.
Battisti spiega che “il governo ha cambiato il ministro della Difesa e il capo di stato maggiore per invertire la tendenza. I comandanti afghani sono preoccupati per il dopo ritiro perchè rimarranno soli. Gli Usa potrebbero anche non garantire la copertura aerea”.
Una settimana fa 24 commandos, che resistevano nella provincia di Faryab, sono stati abbandonati senza appoggio dal cielo e trucidati senza pietà. Il video dei cadaveri insanguinati fatto girare è un messaggio di vittoria e terrore. Fra i caduti il maggiore Sohrab Azimi, eroe dei corpi speciali, figlio di un famoso generale afghano. Nella provincia di Takhar, sempre nel nord un tempo bastione anti talebano, la resa dei 110 uomini di una guarnigione non ha evitato l’esecuzione del responsabile locale dell’Nds, i servizi segreti e del capo di una milizia tribale.

Al momento i talebani hanno il pieno controllo di 134 distretti e insidiano i governativi in altri 178 su un totale di 407. Non è un caso che si stanno riformando le milizie lungo linee etniche grazie a signori della guerra vecchi e nuovi. Negli anni novanta uno scenario simile aveva fatto sprofondare il paese nell’anarchia aprendo la strada ai talebani. Gli hazara odiati dagli eredi di mullah Omar perchè sono sciiti hanno già arruolato 800 uomini sotto il comando di Zulfiqar Omid a Bamyan, la loro provincia nel centro del paese. Abdul Rashid Dostum, brutale generale fin dai tempi dei sovietici, ha sempre pronti i suoi tagliagole uzbeki. Ahmad Massoud, figlio del leggendario leone del Panjsher, ha mobilitato i tajiki. Mohammed Ismail Khan famoso condottiero fin dai tempi della guerra contro i russi e fuggito dalle galere talebane nel 1999 ha riunito, già in aprile, una folla di uomini armati proprio ad Herat, la sua roccaforte. Battisti sottolinea che “la data ufficiale di fine missione è l’11 settembre, ma in realtà tutte le forze straniere si ritireranno entro agosto. Rimarranno circa 750 americani per la difesa dell’ambasciata a Kabul.

Da luglio a settembre sarà cruciale verificare la tenuta delle forze di sicurezza afghane, che per la prima volta combatteranno da sole”.

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