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Meno evasori fiscali quando c'era Berlusconi

Lo riconoscono anche gli esperti: tra il 2012 e il 2014 il "tax gap" è aumentato di 3 miliardi

Meno evasori fiscali quando c'era Berlusconi

Roma - Con Silvio Berlusconi al governo gli evasori fiscali erano di meno. Un dato che stupirà tutti gli aficionados dell'idea che con il fondatore di Forza Italia al timone le tasse non le pagasse praticamente nessuno. Ora si scopre che non è così e che in assoluto rispetto al 2012 il buco dell'erario si è allargato di altri tre miliardi. Nel 2014 il tax gap, ovvero la differenza tra le imposte che si dovrebbero pagare e quelle effettivamente incassate, è salito a 111,6 miliardi contro i 108 del 2012. Stime evidenziate nella «Relazione annuale sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva», realizzata dalla commissione del ministero dell'Economia presieduta da Enrico Giovannini, che ieri ha riportato questi dati presso la Commissione bicamerale sull'Anagrafe tributaria, sottolineando anche i pochi controlli: solo 200.000 ditte monitorate su 4 milioni.

Nel triennio 2012-2014 l'evasione è salita dal 23,6 per cento al 24,8. Giovannini ha evidenziato come siano «i settori a più bassa crescita di produttività quelli con la maggiore evasione fiscale». La spiegazione più banale sembra però anche la più verosimile: più è alta la pressione fiscale più cresce l'evasione.

Colpisce tra i dati l'aumento dell'evasione dell'Irpef nel settore del lavoro autonomo e dell'impresa che nel 2010 era al 52,7 e che è andata progressivamente aumentando dal 54,5 del 2011 al 59 per cento del 2014 ovvero quasi due punti di percentuale all'anno. Ma anche l'evasione dell'Irap dal 20,7 al 24,1.

Il fatto che sia proprio il settore dei servizi alla famiglia quello con la maggiore propensione al sommerso sembra confermare anche l'ipotesi di un'evasione legata all'insostenibilità della spesa.

Teresa Benvenuto, segretario nazionale dell'Assindatcolf (il sindacato dei datori di lavoro domestici), stima un milione di lavoratori in nero tra badanti, colf e baby-sitter contro i 980.000 regolarmente dichiarati all'Inps.

«La nostra richiesta è di portare in deduzione l'intero costo del lavoro domestico, come avviene in tutti gli ambiti produttivi - spiega la Benvenuto -. Questo ridurrebbe il reddito imponibile delle famiglie in base al quale dovrebbero essere pagate le tasse in sede di dichiarazione dei redditi». Al momento è possibile portare in deduzione soltanto il costo dei contributi con un tetto massimo di 1.500 euro. Troppo poco rispetto a una spesa media di circa 15.000 annui euro per le famiglie con una badante a tempo pieno. L'emersione di un milioni di lavoratori dal nero avrebbe come conseguenza il calo della disoccupazione e anche un notevole risparmio per le casse dello Stato visto che tutti questi lavoratori in nero usufruiscono di agevolazioni (assegni familiari, asili nido eccetera) ottenute grazie a un Isee, indicatore di redditto, più basso di quello che hanno in realtà.

«Non è vero che siamo un popolo di evasori», replica il coordinatore dell'Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo.

«I 110 miliardi di evasione fiscale e contributiva denunciati sono abbastanza stabili da almeno 10 anni - sostiene Zabeo - mentre nello stesso periodo l'Amministrazione finanziaria ha visto aumentare notevolmente il numero di strumenti a disposizione per contrastare chi evade il fisco».

Confesercenti invece denuncia un giro d'affari di 21,4 miliardi di euro l'anno per gli abusivi del commercio e del turismo e calcola che siano 100.000 gli irregolari nel solo commercio ambulante.

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