Niente quorum per Violante e Catricalà. Per il Csm la spunta Leone (Ncd)

RomaPer il Csm il Parlamento in seduta comune usa il contagocce. Eletto ieri tra i laici solo il candidato Ncd Antonio Leone, che lascia la Camera, dopo i due Pd del giorno prima: Giovanni Legnini, predestinato alla vicepresidenza, e Giuseppe Fanfani. Ne mancano cinque, ma la lista ormai dovrebbe essere definitiva. Per la Consulta, invece, la faccenda appare più complicata, visto che sembra saltato l'accordo Renzi-Berlusconi su Luciano Violante e Antonio Catricalà, anche per le resistenze nei rispettivi gruppi. E per Fi rimane in lizza anche Donato Bruno, mentre viene smentita la candidatura di Niccolò Ghedini.

Nel weekend c'è l'impegno a decidere una volta per tutte e la prossima settimana dovrebbe essere quella risolutiva. I giochi riprenderanno lunedì alle 15, con la settima votazione per il Csm e la decima per la Corte costituzionale. E da Oslo i presidenti delle Camere, Pietro Grasso e Laura Boldrini, ricordano «l'assoluta urgenza» di un voto definitivo. «È stata una giornata nera. Si è manifestato chiaramente un disagio da parte di tutti i gruppi parlamentari, non solo di Fi. Ne prendiamo atto, ora serve una riflessione», dice il consigliere politico di Berlusconi, Giovanni Toti.

Due mesi di fumate nere e grigie la dicono lunga sull'importanza che mantiene la questione giustizia per il mondo della politica. Soprattutto quando le rinnovate tensioni tra governo e magistratura su riforma, ferie e stipendi rendono più delicati che mai gli equilibri a Palazzo de' Marescialli e a Palazzo della Consulta.

Il «rottamatore» Renzi viene criticato anche dall'interno per l'ok a due giudici costituzionali non proprio innovativi: l'ex simbolo del rapporto tra Pd e procure Violante e il grand commis dello Stato Catricalà (che sarebbe sponsorizzato da Gianni Letta e malvisto da Denis Verdini). Eppure, le indiscrezioni confermano che, malgrado le prove di forza nei partiti e le resistenze, rimangono loro in pole position .

Ieri, però, non hanno raggiunto i tre quinti del quorum richiesto: il primo si è fermato a 458 voti e il secondo a 368. Mentre Bruno, che piace molto a una parte degli azzurri, ha avuto 120 voti. I segnali di scarsa compattezza si leggono nelle 69 schede bianche e nelle 27 nulle su 813 scrutinate.

Anche per le scelte del premier sul Csm non mancano le polemiche. «Con Legnini il governo entra a Palazzo de' Marescialli», sintetizza un magistrato. Le toghe sono preoccupate per questo sottosegretario all'Economia che diventa numero due in pectore dell'organo di autogoverno della magistratura. E c'è chi dubita che i togati già eletti al Csm lo votino. Solo pochi giorni prima a quella poltrona sembrava destinato Massimo Brutti, ma c'è voluto poco ad affossarlo. E ora ad attaccare Renzi per Legnini si alzano voci di protesta da Fi, Fdi e M5S.

Quanto ai laici da eleggere ancora a Palazzo de' Marescialli, più vicini al traguardo (quota 490) sono Teresa Bene, docente a Napoli di procedura penale, per il Pd, e l'avvocato e senatrice di Fi Elisabetta

Alberti Casellati, con 473. Per loro, consensi trasversali. Seguono Renato Balduzzi di Sc con 462 e il deputato azzurro Luigi Vitali con 451. Più in forse, il nome dei grillini: Nicola Colaianni(425) o Roberto Zaccaria (127)?

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