D all'esame dei fatti «non può ritenersi sussistere alcuna violazione di norme penali»: inizia così la parte delle osservazioni della memoria difensiva depositata ieri mattina dai legali di Matteo Salvini per il caso della Open Arms. L'ex ministro dell'Interno, che dovrà già andare al processo per la questione legata a nave Gregoretti, non ha alcun dubbio sul fatto che il suo operato sia stato impeccabile.
«L'indicazione del Pos spettava alla Spagna o a Malta - scrive nella memoria - (e non certo all'Italia) e il comandante della nave ha deliberatamente rifiutato il Pos indicato successivamente da Madrid, perdendo tempo prezioso al solo scopo di far sbarcare gli immigrati in Sicilia».
Per l'ex vicepremier «l'Italia non aveva alcuna competenza e alcun obbligo con riferimento a tutti i salvataggi effettuati dalla nave in quanto avvenuti del tutto al di fuori di aree di sua pertinenza». A dimostrarlo lo scambio di corrispondenza tra La Valletta e Madrid nei primi giorni dell'agosto 2019, da cui risulta un palleggio di responsabilità. Nessuno, però, cita mai Roma. Contrariamente a quanto sostenuto dal tribunale di Palermo, per Salvini «è sicuramente lo Stato di bandiera della nave che ha provveduto al salvataggio che deve indicare il Pos nei casi di operazioni effettuate in autonomia da navi ong». Secondo la ricostruzione dei fatti riportata nel documento, il 1 agosto la nave della ong Proactiva recupera, dopo averne ricevuto notizia da Alarm Phone, la piattaforma di padre Mussie Zerai, indagato per favoreggiamento all'immigrazione clandestina, 55 persone in acque Sar libiche. Informa la guardia costiera di Tripoli e per conoscenza i centri di coordinamento e soccorso di Malta e di Roma. Lo stesso giorno Salvini, di concerto con i ministri dei Trasporti Danilo Toninelli e della Difesa Elisabetta Trenta, informando il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, emana il provvedimento con cui si vieta l'ingresso, il transito e la sosta in acque italiane delle imbarcazioni delle ong cariche di clandestini. Il 2 la Open Arms si dirige verso Malta, informando le autorità dell'isola di aver recuperato altri 69 migranti. Nel frattempo la ong spagnola ha chiesto un Pos a Malta, quindi alla Spagna, Paese di bandiera della sua nave, che glielo ha concesso solo il 18 agosto, quando a bordo erano rimasti solo 107 dei 121 migranti iniziali, poi all'Italia. Ha dunque fatto ricorso al Tar del Lazio per sospendere il provvedimento che vietava l'ingresso in acque italiane, quindi a causa del maltempo è riuscita a entrare, facendo sbarcare numerosi «ragazzi» di cui solo 9 sono risultati minori. L'imbarcazione portava 121 persone, ma era omologata solo per 19.
Per l'ex ministro «il comandante ha deliberatamente scelto l'Italia quale luogo di attracco e sbarco». Infatti, si legge nella memoria, «ha rifiutato il Pos concesso dalla Spagna il 18 agosto e rifiutato l'assistenza offerta dalla Capitaneria di porto italiana che si era detta disponibile ad accompagnare la nave verso la Spagna, prendendo persone a bordo». È quindi paradossale «affermare che, per il solo fatto di essere entrata in acque italiane senza aver ottenuto il Pos, possa configurarsi il reato di sequestro di persona». Peraltro, già nel marzo 2018 lo stesso comandante era stato al centro di una vicenda simile ed era stato accusato (con richiesta di rinvio a giudizio) di violenza privata e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Il Viminale è parte lesa. «Conto di arrivare a governare da uomo libero e non da carcerato - ha detto ieri Salvini -. Prima o poi toccherà a noi e vogliamo farci trovare pronti. è triste che qualcuno voglia vincere le elezioni tramite i processi».
A rispondergli Open Arms che chiarisce: «Le convenzioni internazionali sono molto chiare su questo punto, non è affatto il Paese di bandiera a dover coordinare i soccorsi. I nostri avvocati e il comandante dalla nave in quei giorni reiteravano dunque la richiesta di sbarco senza ottenere alcuna risposta. È proprio per questo che la Procura ha deciso di aprire un'indagine per sequestro di persona».
Adesso la palla passa alla giunta
delle immunità parlamentari che dovrà votare il prossimo 27 febbraio (oggi la proposta del relatore) per discutere del nuovo caso che si presta a essere interpretato come un escamotage per colpire un avversario politico.
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