Parisi rifiuta la corte di Renzi: "Dica la verità sul referendum"

Respinte le aperture del premier: "Italia nel caos se vince il No? Falso". Sulla leadership: "Cerco solo un candidato"

Parisi rifiuta la corte di Renzi: "Dica la verità sul referendum"

Chiusi i battenti della sua convention e ricevuto il suo battesimo politico nazionale, Stefano Parisi torna a ragionare sul futuro del centrodestra. Lo fa in un'intervista con Maria Latella su SkyTg24 in cui ribadisce il desiderio di costruire una alternativa non urlata a Matteo Salvini e Beppe Grillo e restituire centralità al centrodestra. Nel frattempo deve, però, guardarsi da una carezza insidiosa, quella di Matteo Renzi che individua in lui un possibile interlocutore, identificandolo forse come un oppositore più morbido di altri.

«In bocca al lupo a Parisi. Trovo alcune sue frasi esagerate e superficiali, frutto della necessità di rincorrere i suoi alleati. Ma se Parisi ce la farà mi confronterò con lui» dice il premier al Corriere della Sera. «Per il momento gli avversari sono Salvini e Di Maio. L'uno insulta la memoria di quel galantuomo che è stato Carlo Azeglio Ciampi - prosegue il premier - L'altro paragona la Repubblica a una dittatura sudamericana e perde di credibilità ogni volta che apre bocca. Auguri a Parisi, ma per il momento non convince neanche i suoi. E se l'alternativa sono Salvini e Di Maio noi dobbiamo lavorare con ancora più senso di responsabilità. Perché qui è in ballo la credibilità internazionale dell'Italia, e non è poco». Un ragionamento per esclusione per dire che l'unico garante della governabilità resta lui.

Parisi, però, non apre particolari spiragli al premier. Anzi lo invita a un esercizio di serietà sulle conseguenze di un eventuale «No» al referendum. «Renzi ha spostato l'attenzione sulla sua carriera, pensando di ricattare l'opinione pubblica, la responsabilità è sua. Ma il rischio caos avanzato da Renzi si sta rivelando un boomerang per l'Italia e per Renzi, come dimostra il fatto che l'aumento di capitale di Mps è sospeso fino al referendum». Renzi dovrebbe dire che l'Italia «non entra nel caos sia in caso di vittoria del Sì che a del No. Lo deve dire forte a Goldman Sachs e alle banche intorno a Mps. Molti votano Sì perché hanno paura di una crisi economica, e invece non è vero».

Parisi sposta poi il discorso sulla leadership del centrodestra. «Non so se sono l'erede di Berlusconi, lo dirà l'elettore, io porto avanti un contributo, anche se oggi non c'è un problema di eredità perché Berlusconi è attivo e vivo». L'ex direttore generale di Confindustria sottolinea come «il problema è chi sarà il candidato che sfiderà Renzi alle Politiche. Io non voglio fare un partitino nel centrodestra, io voglio contribuire alla rigenerazione del centrodestra che ha perso 10 milioni di voti». Mr. Chili precisa che «Berlusconi mi ha aiutato in campagna elettorale ma non ci finanzia, non ci ha messo un euro, noi ci autofinanziamo, facciamo come i Radicali, chiediamo sempre soldi». Quanto alle alleanze con gli altri partiti, e in particolare con la Lega, Parisi si dice convinto «che con la scadenza elettorale l'unità si trova», non nascondendo così le sue ambizioni da «federatore».

«Quello che conta è ricostruire le fondamenta programmatiche e culturali del centrodestra. Io sono convinto che il centrodestra vince se è unito. Le ragioni dell'unità le abbiamo trovate a Milano e lì il programma l'ho fatto io, eravamo tutti d'accordo». I 10 milioni di voti persi «non sono andati a chi strilla, a Salvini o a Grillo.

Le posizioni radicali, non saranno mai maggioritarie, saranno sempre di nicchia». La sua piattaforma prenderà forma nel tempo. «A gennaio-febbraio proporremo un programma di governo. Nei prossimi mesi studieremo le soluzioni di buon senso per dare crescita al Paese».

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