Pechino esulta: "Riaperti i voli con l'Italia". Ma subito la smentita di Roma: "Lo stop resta"

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Pechino esulta: "Riaperti i voli con l'Italia". Ma subito la smentita di Roma: "Lo stop resta"

C'è una polemica sottotraccia tra Pechino e Roma sulla questione del blocco dei voli tra i due Paesi. Annunci e smentite si sono inseguiti nella giornata di ieri per concludersi con la conferma da parte del nostro governo della decisione presa una settimana fa: i collegamenti aerei tra Italia e Cina sono sospesi. Una scelta che chiaramente dispiace alle autorità cinesi, che sono consapevoli del contraccolpo soprattutto economico provocato dal crescente isolamento del loro Paese in seguito all'epidemia di coronavirus e cercano di sbloccare la situazione. Così ieri, dopo l'incontro avvenuto a Pechino tra il viceministro degli Esteri Qin Gang e il nostro ambasciatore Luca Ferrari, l'agenzia ufficiale Xinhua ha dato notizia del presunto raggiungimento di un accordo per la ripresa di «alcuni voli diretti tra Italia e Cina», e questa affermazione è stata ripresa un'ora dopo dalla stessa portavoce del ministero degli Esteri in una conferenza stampa online.

A quel punto, il governo italiano si è trovato costretto a una tempestiva doppia smentita: la prima è venuta dalla riunione della task force sul coronavirus del ministero della Salute, presente il ministro Roberto Speranza, seguita dopo pochi minuti da una nota del ministero degli Esteri in cui si definisce la notizia «priva di fondamento» pur ricordando gli ottimi rapporti tra Italia e Cina e le attività di sostegno del nostro governo a favore di un Paese amico «in un momento delicato e complesso». Inghiottito il boccone amaro, il ministero degli Esteri cinese ha deciso di emettere un tweet ufficiale in cui si segnala che «al 7 febbraio, oltre 400 cittadini cinesi bloccati sono tornati in Cina dall'Italia via Sichuan Airlines». La successiva frase («Non c'è posto migliore per festeggiare la festa delle Lanterne che a casa!») sembra un tentativo sibillino di dimostrare in qualche modo che i collegamenti aerei tra i due Paesi non sono del tutto bloccati.

È evidente che, con il passare dei giorni e il progressivo dilagare dei contagi, la Cina è sempre più consapevole delle pesanti ricadute economiche e geopolitiche dell'epidemia di coronavirus. Ieri, per il quarto giorno consecutivo, i dati ufficiali hanno riportato un tragico record di nuovi decessi (73), che hanno portato il totale a 637; i casi accertati hanno superato i 31mila, un decimo dei quali registrati ieri, e sono oltre 186mila le persone sotto osservazione in Cina dopo aver avuto contatti con soggetti positivi al coronavirus. Per contenere il contagio, le autorità dello Hubei e di altre regioni cinesi sono costrette a mantenere misure severe di limitazione della mobilità che interessano decine di milioni di persone, e questo ha anche importanti ricadute negative sull'economia. Secondo le ultime stime delle agenzie specializzate, la crescita del prodotto interno lordo cinese subirà una netta contrazione, e a livello annuale potrebbe assestarsi sul 5% contro il quasi 6% atteso prima del manifestarsi dell'emergenza sanitaria. Secondo Moody's, non sarà solo la Cina a pagare un prezzo molto alto: il virus rappresenta «una seria e crescente minaccia» per l'economia di tutto il mondo, che dipende da quella cinese sia per forniture delle sue fabbriche sia per la vastità del suo mercato di consumatori.

In questo contesto, i grandi rivali Cina e Stati Uniti smorzano i toni: Donald Trump ha riferito in un tweet di una lunga telefonata avuta con Xi Jinping, e ha assicurato stretti contatti per fornire l'aiuto americano, esprimendo con toni amichevoli la sua certezza che la difficile crisi verrà superata.

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