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Prescrizione, il lodo Cartabia. "Garanzie per l'imputato"

La Guardasigilli è sempre stata garantista su questo tema divisivo. Scintille in vista con sinistra e 5 Stelle

Prescrizione, il lodo Cartabia. "Garanzie per l'imputato"

Quella casella, la poltrona di via Arenula, era tra le più delicate del «governo dei migliori». Difficile immaginarsi Alfonso Bonafede o un profilo simile all'ultimo Guardasigilli che andasse bene a una compagine di governo così variegata e diversa. Così la scelta di Draghi è caduta su Marta Cartabia, primo presidente donna della Corte Costituzionale, cattolica, da sempre attenta a un tema delicato e centrale del sistema giustizia come le carceri. E, nell'agenda del governo dell'ex presidente Bce, il ruolo della Cartabia è forse il più acrobatico, dovendo riuscire a declinare le istanze di partiti che vanno dai garantisti di Forza Italia ai giustizialisti spinti a Cinque stelle. Il tutto con una serie di riforme all'orizzonte, dal processo civile arenato in commissione Giustizia al Senato da più di un anno al Csm scosso come più non si potrebbe dalle rivelazioni di Palamara, dal processo penale alla separazione delle carriere in magistratura fino, appunto, alle carceri. Temi poco divisivi come il processo civile, appunto o invece ad altissimo rischio di lite nella eterogenea compagnia portata a Palazzo Chigi da Mario Draghi.

Un tema spinoso è già tra i denti del pettine: la prescrizione. Che vedrà insieme al governo quelli che un tempo appoggiavano la riforma firmata dal fu ministro Bonafede M5s, appunto, con Pd e Leu e quelli che, al governo (Italia Viva) o all'opposizione (Lega, che pure nel Conte I l'aveva votata, e Fi) la osteggiavano, invocando semmai un ritorno al ddl Orlando approvato nel 2017.

Si prospetta una grana non da poco, con i 5S che mettono le mani avanti, considerando la conferma di quella riforma un requisito essenziale per la presenza nella maggioranza. Intanto, come gesto di «cortesia istituzionale» verso il neoministro, il deputato di Azione Enrico Costa, già con Fi e con Renzi e in prima linea per la «controriforma», ha annunciato, intervistato da Repubblica, di voler congelare «temporaneamente gli emendamenti sulla prescrizione nel decreto Milleproroghe che avrebbero potuto dividere il governo per la prima volta». Un riconoscimento, spiega Costa, dei segnali di «discontinuità» già arrivati dalla Cartabia. Per la quale parlano il curriculum e le esternazioni anche del passato. Un anno fa, l'allora numero uno della Consulta in un'intervista a Repubblica (in cui difendeva la scelta della Corte Costituzionale di bocciare la retroattività della «spazzacorrotti», altro precedente sgradito ai grillini) toccava anche il tema della prescrizione, ricordando che «la giustizia deve avere sempre un volto umano», criticando «i processi troppo lunghi» che «si trasformano in un anticipo di pena anche se l'imputato non è in carcere», e sostenendo che la ragionevole durata del processo «è un principio di civiltà giuridica scritto nelle norme internazionali ed esplicitato nella Costituzione dal 99». Lampante. E se non fosse abbastanza il nuovo Guardasigilli, nell'occasione, commentava anche nel merito un aspetto della riforma Bonafede che avrebbe dovuto abbreviare i tempi del processo, ossia il ridimensionamento e l'irrigidimento dei tempi delle indagini. Un punto che la Cartabia evidentemente non approvava, ritenendo che fosse in contrasto con la «necessità di accuratezza delle prove» e con le «garanzie per l'imputato». Insomma, la «discontinuità» citata da Costa sembra esserci, rispetto all'era Bonafede.

Ma, anche per questo, con i numeri in ballo in una maggioranza di governo dominata da profonde divisioni genetiche, trovare una sintesi per lavorare insieme anche sul fronte della giustizia sarà tutt'altro che facile.

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