In questi giorni mi sto chiedendo cosa avrebbero pensato dell'Europa attuale i padri nobili del grande progetto continentale che si concretizzò proprio 60 anni fa con i Trattati di Roma. Oggi gli eredi di quello storico matrimonio continentale stanno cercando disperatamente di ripercorrere le strade d'allora - e non è un caso che, dopo le celebrazioni nella capitale, black bloc permettendo, ci sarà il «summit» di Taormina così come, negli anni Cinquanta, ci fu prima la conferenza di Messina e poi il battesimo romano ma la situazione è completamente cambiata: quegli ideali non ci sono più. Se i protagonisti di quell'epoca d'oro fossero ancora vivi e vegeti, sarei, quindi, stato contento di registrare i commenti di personaggi come Adenauer, Schumann, De Gasperi e il siciliano Gaetano Martino. In particolare, mi sarebbe piaciuto intervistare quest'ultimo che fu il grande regista dell'operazione-Europa anche come capo della delegazione italiana ai Trattati del 1957. Ho, quindi, pensato bene di girare le domande a Martino junior, l'economista Antonio, un vero figlio d'arte che è stato ministro degli Esteri e della Difesa con Berlusconi. Lui non ha dubbi: Gaetano sarebbe stato contento solo a metà perché se è vero che l'integrazione economica ha consentito al vecchio continente di riconquistare quel ruolo di primo piano che aveva perso dopo la Seconda guerra mondiale, il progetto dell'Unione politica, con il varo di un governo federale o confederale, non è avanzato di un centimetro da allora. «Il vero problema dell'Europa d'oggi è proprio questo: non essere, cioè, passati alla fase due, quello politico, che per mio padre era essenziale».
In tal senso, è proprio il caso di dire, è stato tradito il vero progetto dei padri costituenti dell'Unione: «Oggi Bruxelles si limita a discettare sulle quote latte o sulle misure del tondino di ferro quando ci sarebbe voluto un vero salto di qualità con l'istituzione di un governo europeo in grado di avere competenza, come succede negli Stati Uniti, in materia di politica estera, di difesa e di commercio interno». Verrebbe quasi da dire che è perfettamente inutile festeggiare i 60 anni dei Trattati di Roma quando sappiamo tutti che lo spirito di 60 anni fa, con tutti i suoi grandi ideali, si è smarrito per strada. Hanno, infatti, continuato a prevalere quegli egoismi nazionali e quelle burocrazie, che avevano dominato nella prima metà del Novecento e che Gaetano Martino & C. avevano cercato di sconfiggere.
Ma non si è registrato solo l'aborto della costruzione politica europea. Anche sul fronte economico c'è stato, come diceva Luigi Einaudi, il «malo uso» della moneta. Persino la Bce di Francoforte ha cominciato a seguire l'esempio dei vari istituti di credito centrali che da sempre hanno stampato moneta per cercare di ripianare il debito pubblico. E le conseguenze, secondo Antonio Martino, potranno, purtroppo, vedersi tra due o tre anni: «Se ora l'inflazione non preoccupa troppo, cosa succederà dietro l'angolo?». È inutile, a questo punto, prendersela con Berlino che ci ha messo in un angolo: «Il problema dice il figlio di Gaetano è che non essendoci un governo federale o confederale, di fatto la situazione è regolamentata da accordi intergovernativi che consentono ai Paesi più forti, come la Germania, di dettare legge». Per non parlare, poi, dell'euro, la moneta comune, e di tutti i problemi connessi. Secondo Martino, l'Europa a due velocità risolverebbe solo parzialmente la situazione perché, a suo dire, o si fa l'Europa unita o si muore.
E, quasi a giustificare i suoi convincimenti, l'economista ricorda una frase di Papa Benedetto XV: «La prova dell'origine divina della Chiesa deriva dal fatto che il clero non è mai riuscita a distruggerla». Per l'Europa, purtroppo, il discorso è diverso perché Bruxelles non può più contare su qualche santo protettore.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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