La guerra dei nervi di Matteo Renzi contro il Conte bis non si ferma.
Con una fluviale e-news, l'ex premier accusa: «Una parte del governo e della maggioranza ha lavorato per tutta la settimana per buttarci fuori e fare a meno dei nostri voti, perché noi sulla prescrizione non ci siamo accodati alla incomprensibile svolta giustizialista del Pd». Avverte: «Le elezioni non ci saranno per mesi, dopo il referendum di marzo vanno rifatti i collegi e dunque servono tempi tecnici. Per cui, se cade il governo Conte bis, ci sarà un nuovo governo. Non le elezioni». Denuncia: «Da giorni, molti nostri senatori sono avvicinati da inviti a lasciare Italia Viva. Alcuni di loro sono già stati indicati da taluni media come pronti alla fuga» e a diventare «i nuovi Scilipoti». Corteggiamenti respinti, assicura Renzi (che nel frattempo manda anche i suoi senatori additati come possibili «responsabili» a smentire): nessuno di loro è disponibile a lasciare Iv per Conte. Il quale dunque, allo stato, «non ha i numeri» per fare a meno dei renziani. Se poi li trovasse, «faranno il Conte ter e noi saremo felicemente all'opposizione».
Da un lato, quindi, il capo di Iv tiene sotto pressione il premier, accusandolo anche di aver fatto diffondere dalle veline di Palazzo Chigi false notizie, mettendo in imbarazzo anche il Quirinale. Dall'altra, manda i suoi ai «tavoli» dove si discute la cosiddetta «agenda 2023» dell'ambizioso (almeno nella speranza di durare) Conte. Che deve affrontare un'altra settimana ad alta tensione, col rischio di scompigliarsi la pochette: alla Camera il voto di fiducia sul Milleproproghe, al Senato il ddl Intercettazioni (su cui, anche per eliminare l'emendamento pro-prescrizione di Forza Italia che potrebbe essere votato dai renziani, verrà posta la fiducia). Poi mercoledì il premier dovrà riferire sul prossimo Consiglio europeo, mentre quella sera Renzi sarà in tv a Porta a Porta, e promette fuochi di artificio. Il 24, poi, arriverà in aula a Montecitorio la pdl Costa sulla prescrizione. Nel frattempo si va verso un ennesimo rinvio delle nomine ai vertici delle Authority su Privacy e Tlc: mancano le intese nella maggioranza, e le opposizioni ne approfittano, con Fratelli d'Italia che fa lo sgambetto alla Casaleggio che avrebbe voluto piazzare un grillino alla Privacy.
Non si placa neppure lo scontro tra Pd e Iv. Il ministro del Sud Provenzano (Sel) lamenta: «Renzi ci attacca più di Salvini». La ministra di Iv Bellanova replica: «Il Pd si sta consegnando a un populismo che francamente non credo farà bene a questo Paese, appiattendosi sui 5Stelle». L'invettiva anti-Renzi di Goffredo Bettini, che domenica incitava il Pd a liberarsi del «fiorentino» e sostituirlo con altri «parlamentari democratici», ha creato parecchi malumori interni: ieri Gianni Cuperlo, certo non sospettabile di simpatie renziane, lo ha criticato aspramente: «Forse non ho capito io, ma troverei insostenibile una posizione che rivalutasse il metodo Scilipoti». Il segretario Zingaretti rassicura: niente Scilipoti, «Conte sta lavorando alla verifica di governo sui contenuti.
Come ad esempio togliere finalmente quei decreti-propaganda sulla Sicurezza». Materia su cui si preannunciano nuove tensioni, anche perché Conte vuol limitarsi ad un maquillage minimo dei decreti Salvini da lui controfirmati. Nella vita precedente.
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