La rottamazione-bluff delle liti con il Fisco serve solo a uno Stato «affamato» di soldi

Le troppe contraddizioni con il «rottama-cartelle» svelano gli intenti del Tesoro

La rottamazione-bluff delle liti con il Fisco serve solo a uno Stato «affamato» di soldi

Roma - La definizione agevolata delle giudizi tributari pendenti, ossia la rottamazione delle liti fiscali contenuta nella manovrina, è un modo per consentire allo Stato di far cassa accelerando l'adesione alla rottamazione delle cartelle (che scade venerdì 21 aprile) e ampliando il suo spazio di applicazione. Innanzitutto, occorre ricordare che questa norma consentirà a coloro che presentano la domanda entro il 30 settembre 2017 di chiudere la controversia (se il ricorrente si è costituito in giudizio entro il 31 dicembre 2016) pagando l'importo contestato esclusi interessi di mora e sanzioni in un'unica soluzione o in tre rate se l'importo supera i 2mila euro.Certo, il decreto deve ancora essere scritto, ma dalle bozze circolate in questi giorni emergono due circostanze che sembrano avvalorare la tesi della «pesca a strascico». In primo luogo, il legislatore, cioè il governo, non si è preoccupato di coloro che hanno già vinto il primo round di contestazione della cartella contro l'Agenzia delle Entrate. Quest'ultima, in tali casi, soccombe spesso anche nel secondo grado di giudizio dinanzi alle commissioni tributarie regionali. Ragionamento valido anche per la rottamazione delle cartelle che richiede la rinuncia espressa alla controversia. Insomma, guardandola da questa angolazione, il decreto sembra scritto per «invogliare» alla conciliazione coloro che non hanno rottamato la cartella e che hanno poche chance di vittoria contro il Fisco. Spesso, infatti, basta un vizio di forma perché la causa sia dichiarata inammissibile.

In secondo luogo, i continui rimandi normativi alla rottamazione delle cartelle costituiscono un'altra prova a carico di questa ipotesi. In particolare, si sottolinea che «qualora gli importi dovuti per la chiusura della lite tributaria pendente rientrino, in tutto o in parte, anche nell'ambito di applicazione della definizione agevolata (la rottamazione), il contribuente deve essersi comunque avvalso anche di quest'ultima». Probabilmente, è uno stratagemma per evitare che i contribuenti che hanno rottamato le cartelle abbandonino questa per saltare sul carro della rottamazione delle liti ove risulti più conveniente (soprattutto su aggi e interessi maturati dal tributo contestato). Allo stesso tempo, si prevede uno sconto del 60% qualora l'oggetto della contestazione sia rappresentato esclusivamente da interessi e sanzioni. Pare, perciò, difficile ipotizzare che il contribuente abbandoni la rottamazione della cartella che di fatto azzererebbe tutto per pagare il 40% di quanto dovuto.

Il terzo indizio è rappresentato dal fatto che la rottamazione delle liti non è applicabile ai contenziosi «non suscettibili di chiusura agevolata», cioè i ruoli non rottamabili che, in base al decreto fiscale dell'anno scorso, sono rappresentati dalle cartelle relative all'Iva riscossa all'importazione o alle somme dovute perché rappresentano aiuti di Stato.

Più facile pensare, quindi, che tutto questo articolato costituisca un'opzione per

estendere la «rottamazione» in altri termini e recuperare un po' gettito dalla mole di oltre 107 miliardi relativi ai circa 470mila contenziosi pendenti nei tre gradi di giudizio. Già un miliardo sarebbe un ottimo incasso.

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