Referendum se vince il "Sì" addio democrazia

Sette motivi per votare "no" al referendum di ottobre

Referendum se vince il "Sì" addio democrazia

Le modifiche di 50 articoli alla Costituzione approvate dal Parlamento e sottoposte a referendum sono frutto di improvvisazione e della mancanza di partecipazione del Parlamento. Vi sono ragioni di metodo e di merito per le quali non è possibile dare un voto positivo. Ne indico solo alcuni.

1 L'articolo 138 non autorizza la modifica della Carta ma prevede la revisione di alcune norme. L'ampiezza delle modifiche rende non omogenea e non chiara la domanda referendaria per cui è impossibile rispondere sì o no a domande cosi diverse. La proposta inoltre modifica l'assetto costituzionale a opera di un Parlamento eletto con un sistema elettorale riconosciuto incostituzionale.

2 Il premier ha detto che il referendum è un test per la sua permanenza al governo. Dichiarazione che da sola conferma una dose di autoritarismo: il processo costituente è materia del Parlamento non del governo. Non si possono sfidare gli elettori sul piano personale e affermare che nel caso di voto negativo ci si dimette. Il governo se non sfiduciato ha il dovere di governare. La verità è che la riforma è una costruzione attorno al premier di turno che mette in discussione gli stessi principi e valori indicati nella prima parte della Costituzione considerati finora immodificabili.

3 L'esigenza della riforma è quella di superare il bicameralismo paritario, che rende lungo il processo legislativo. Questo obiettivo non lo si raggiunge perché sono previste tante eccezioni che consentono la doppia lettura decise discrezionalmente dai nuovi senatori. Per superare il bicameralismo bisognava avere il coraggio di abolire il Senato.

4 Il Senato continuerà a esistere con tutte le sue strutture e la sua complessa organizzazione costosa con senatori che non rappresentano il popolo ma la struttura verticistica delle Regioni, e che non hanno compiti precisi e funzioni definite. È facile prevedere che un Senato formato da rappresentanti delle Regioni, porterà a un dualismo parlamentare tra le stesse Regioni e lo Stato: i senatori saranno portati a rappresentare il territorio e a far prevalere criteri parziali e settoriali.

5 Il nuovo Senato è «rappresentante delle istituzioni territoriali e ha funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica». La indeterminatezza della norma che prevede una sorta d'autonomia degli enti locali dallo Stato, incide sul principio di unità e indivisibilità della Repubblica, la quale appunto è una e indivisibile e «riconosce» e «promuove» le autonomie locali.

6 Una Carta deve disegnare e organizzare un modello istituzionale che nelle democrazie moderne corrisponde in larga misura a un sistema parlamentare o presidenziale e le relative diverse norme debbono essere omogenee e armoniche per poter funzionare. Ci troviamo difronte ad un «ibrido» che non semplifica ma rende tutto incerto e non funzionante.

7 L'Italicum, già sottoposto all'esame della Consulta, che attribuisce al maggior partito un premio di maggioranza fuori da ogni logica, rafforza il potere del premier il quale «risponde» appunto solo al «suo» partito pur sempre espressione di una parte minoritaria del corpo elettorale. Il quale dà la fiducia al governo con un rito inutile perché praticato da deputati eletti senza preferenze. Il presidente del Consiglio governa con il «suo» partito la Camera dei deputati ed ha il «controllo» della maggioranza dei deputati del «suo» partito.

In conclusione al sistema parlamentare si sostituisce un regime presidenziale di fatto senza gli adeguati pesi e

contrappesi compromettendo il pluralismo, la partecipazione dei cittadini che la Consulta non vuole riferita al solo esercizio del diritto di voto.

di Giuseppe Gargani Presidente «Comitato Popolareper il No al Referendum»

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