RomaDopo il caos scatenato nel mondo della cooperazione sociale romana (e non solo) dall'indagine Mondo di Mezzo che ha scoperchiato «Mafia Capitale», era tempo che qualcuno rompesse il più granitico dei tabù.
Ci ha pensato ieri il prefetto di Roma, Franco Gabrielli, azzannando la norma che riserva alle coop sociali il 5 per cento degli affidamenti a terzi per forniture di beni o servizi da parte degli enti pubblici. Una «riserva di caccia», come l'ha chiamata il prefetto, grazie alla quale il business della cooperazione sociale ha potuto prosperare, coperto dal paravento della solidarietà. Almeno fino a oggi. «La famosa riserva di caccia, il 5 per cento da attribuire alle cooperative - ha spiegato ieri Gabrielli - nasce da una buona intenzione, quella di favorire una realtà economica del mondo dell'imprenditoria che affonda le radici nella solidarietà. Purtroppo questo Paese riesce spesso a tradurre le cose positive in negative». Secondo Gabrielli, anche l'assessore romano alla Legalità, Alfonso Sabella, avrebbe concordato che «il tema del 5 per cento è necessariamente da rivedere, perché si è dimostrato un provvedimento criminogeno che spinge al frazionamento degli appalti e a situazioni che, nella realtà, sono elementi di negatività». Tanto criminogeno che pure l'Autorità anticorruzione di Raffaele Cantone su questo punto ha bastonato il Campidoglio, con pochi distinguo tra l'amministrazione di Alemanno e quella dell'attuale sindaco, Ignazio Marino. L'Anac ha infatti rimarcato come, spesso e volentieri, le due giunte abbiano fatto ricorso all'affidamento diretto di servizi alle coop sociali, nonostante l'importo dell'appalto fosse superiore alla soglia comunitaria, elemento che avrebbe dovuto escludere l'applicabilità della legge (la 381/91) che disciplina le cooperative sociali e prevede la deroga. In questo terreno faceva affari anche Salvatore Buzzi con le sue coop «Eriches 29» e «29 giugno», che nel solo 2014 hanno incassato 4 milioni di euro dal Campidoglio grazie a proroghe e affidamenti diretti. E intanto, al coro degli anti-Marino, si unisce Eros Ramazzotti. Il cantante romano, che vive a Milano, boccia il sindaco senza appello: «Roma vista da fuori è sporca e abbandonata a se stessa. Il sindaco che c'è ora non va bene, non fa nulla, bisogna cambiare».
L'onda lunga di Mafia Capitale, però, oltre che il colle Capitolino, insidia anche Palazzo Chigi. Sono ancora le dichiarazioni dell'ex braccio destro di Veltroni, Luca Odevaine, a soffiare contro l'Ncd di Angelino Alfano. Odevaine, prima nelle intercettazioni, poi nei suoi verbali - compreso quello dello scorso 27 luglio - ha raccontato i retroscena degli appalti nel Cara di Mineo, in Sicilia. Dal ruolo del sottosegretario Giuseppe Castiglione (che per il Cara è indagato in Sicilia) ai rapporti della coop bianca Cascina, assegnataria di due appalti a Mineo, con i vertici Ncd, anche come presunta finanziatrice del partito.
Nell'interrogatorio del 27 luglio, poi, Odevaine parla di un incontro barese, a margine della convention inaugurale di Ncd, tra Lupi, Alfano e i vertici della Cascina. Un incontro di cui c'è traccia nelle intercettazioni dell'inchiesta fiorentina sulle grandi opere (che portò alle dimissioni di Lupi), che per Odevaine aveva tra i temi sul tavolo la nomina del capo dipartimento immigrazione, poi andata al prefetto Mario Morcone. Dunque quel minivertice, come ha ricordato ieri il Fatto Quotidiano , potrebbe essere stata, per Odevaine, la sede per stabilire il nome da mettere in quel ruolo chiave. Ma il verbale di Odevaine accenna anche ad altri incontri con Castiglione e la Cascina per parlare del Cara. Incontri che il sottosegretario ha taciuto nell'audizione alla commissione d'inchiesta sul sistema d'accoglienza. E che al Fatto , che gliene ha chiesto conto, ha negato essere avvenuti.
L'anno in cui
Salvatore Buzzi ha fondato la cooperativa 29 giugno, finita al centro dell'inchiesta di Mafia CapitaleÈ la somma pagata dal Campidoglio alle coop vicine a Salvatore Buzzi nel 2014 grazie agli affidamenti diretti e alla proroghe
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