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Il suicidio politico della Truss: no al taglio delle tasse ai ricchi

Clamorosa retromarcia del governo. Il ministro delle Finanze Kwarteng ammette l'errore: "Abbiamo capito"

Il suicidio politico della Truss: no al taglio delle tasse ai ricchi

Il cancelliere dello Scacchiere Kwasi Kwarteng, il ministro delle finanze inglese del nuovo governo Truss insediatosi lo scorso 6 settembre, ha ieri mattina annunciato l'intenzione di ritirare la proposta di eliminare lo scaglione più alto della tassazione sui redditi personali. Il piano, presentato con grande fanfara non a fine settembre e da subito trovatosi di fronte a un fuoco di sbarramento non solamente dell'opposizione laburista ma anche di una buona parte del partito conservatore, era stato più volte confermato dalla prima ministra e dai suoi collaboratori negli ultimi giorni: «L'intervento ha il suo pieno appoggio?», è stato chiesto a Truss domenica mattina sulla Bbc. «Assolutamente», la replica. Salvo poi cambiare idea meno di 24 ore dopo.

Quello cui si è assistito nelle ultime settimane è il perfetto manuale del suicidio politico. Dopo avere vinto la corsa alla successione di Johnson su una piattaforma quasi thatcheriana di taglio delle tasse (senza copertura finanziaria), annunciato il grande colpo a effetto della cancellazione dell'aliquota più alta (al 45%) per i redditi superiori alle 150mila sterline annue, difeso il provvedimento a spada tratta, anche nella tempesta che ha investito negli scorsi giorni la sterlina e i Gilt, i titoli di stato inglesi, dopo aver dichiarato che i mercati si aggiusteranno e che un po' di turbolenza era da mettere in conto, dopo tutto ieri mattina la retromarcia. «Abbiamo capito e abbiamo ascoltato», ha dichiarato Kwarteng. «È chiaro che l'abolizione dello scaglione del 45% è diventata una distrazione dalla nostra missione principale di affrontare le sfide che il Paese si trova ad affrontare. Come risultato annuncio che non procederemo con l'abolizione dello scaglione». Una dichiarazione politicamente costosissima, che riduce al lumicino la credibilità e del neonato governo.

L'abolizione dello scaglione marginale più alto non ha mai rappresentato un problema economico: il costo complessivo dell'intervento si sarebbe attestato a circa 2 miliardi di sterline, un'inezia se confrontato ai 60 miliardi di aiuti governativi annunciati solo per limitare l'impatto dell'aumento dei prezzi dell'energia. La reazione avversa dei mercati alla manovra del governo inglese è legata al massiccio ricorso all'indebitamento per finanziare aiuti economici e tagli alle tasse a persone e imprese promessi dal governo Truss senza aver presentato un contestuale piano di rientro nel medio periodo. Sarà presentato a novembre, è stata la linea governativa, credeteci sulla parola. Una linea di difesa un po' debole, che ha obbligato la Banca d'Inghilterra a comperare titoli di stato per calmare i mercati e salvare i fondi pensioni inglesi, ricolmi di buoni del tesoro il cui valore stava precipitando. Una situazione che attesta l'incompetenza e l'arroganza della nuova squadra di governo che se da un lato predica il libero mercato, dall'altro dimostra di non conoscerne le dinamiche. Errore da matita blu. Tuttavia ancor più grave è il pasticcio confezionato con il dietrofront sull'abolizione dello scaglione, dove l'errore è essenzialmente politico.

In un contesto di marcata difficoltà economica del Paese, le cui preoccupazioni maggiori sono inflazione e costo delle bollette alle stelle, pensare che l'eliminazione dell'ultimo scaglione (aldilà della sua efficacia economica) potesse essere accolta positivamente dall'elettorato è grave. Non comprendere come molti degli stessi parlamentari di maggioranza si sarebbero opposti alla misura perché estremamente impopolare nelle loro circoscrizioni, circa due anni dalle prossime elezioni politiche, è ancora più grave. Un errore che stava portando a un'alleanza trasversale Labour-Tory per bloccare l'iniziativa, un errore che azzoppa sul nascere il governo Truss.

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