La tentazione dei grillini: cercasi alleati dopo il voto

La "convergenza" con la Lega rotta dal Rosatellum. E arrivano segnali di pace con la sinistra extra-Pd

La tentazione dei grillini: cercasi alleati dopo il voto

Eredi del partitone rosso di Berlinguer, «puri» e arroccati all'opposizione, oppure un «Movimento che per governare deve parlare con tutti»? L'eterno dilemma del Movimento Cinque Stelle sulle alleanze sta proprio nel bivio che divide la fascinazione berlingueriana dalla realpolitik. Il sogno di Beppe Grillo dal pragmatismo del nuovo leader Luigi Di Maio che, ospite del Forum Ambrosetti di Cernobbio, aveva detto di «voler governare e dialogare con tutti». Ed è ancora la spaccatura tra la piazza e il Palazzo. Le due facce del Grillo bifronte.

Così, mentre la piazza della protesta contro il Rosatellum bis sembrava aver archiviato ogni ipotesi di alleanze con i «partiti», ecco che rispuntano le voci di Palazzo. Che stavolta hanno un nome: Andrea Cecconi. L'influente deputato M5s, come riporta l'Huffington Post, mercoledì pomeriggio avrebbe preso la parola durante un convegno a porte chiuse sulla legge elettorale, per mandare un messaggio chiaro: «È ovvio che, il giorno dopo le elezioni, il Movimento dovrà porsi, come tutti, il problema delle coalizioni». Gli ha risposto ieri Carla Ruocco, deputata ex componente del «direttorio»: «Le coalizioni con questa legge elettorale sono avvantaggiate e noi non andremo in coalizione». Poi, dai microfoni di Radio24, la Ruocco ha precisato: «Non faremo alleanze con questa gente, Lega compresa». Proprio la precisazione della precisazione, quella su Salvini, è la spia della malattia grillina. Nonostante le rabbiose smentite, è risaputo che la corrente «aziendale» del M5s, vicina alla Casaleggio e Associati, vedrebbe di buon occhio un patto con i leghisti. E la furia di piazza e di Blog contro il «tradimento» della Lega Nord sul Rosatellum, ha il retrogusto della delusione degli innamorati. Chi è stato attento, in quei giorni di protesta, avrà notato uno strano refrain nelle parole ripetute dal tribuno Alessandro Di Battista: «Eppure la Lega aveva delle caratteristiche anti-sistema», era questo il preambolo ricorrente. Con Beppe Grillo che ha etichettato Salvini come un «traditore politico». È fin troppo scontato dire che, se tradimento c'è stato, prima c'era almeno una «convergenza». Una parola che usa spesso un deputato ex grillino passato a Fratelli d'Italia, come Walter Rizzetto. Un parlamentare ben disposto verso la «condivisione su alcuni temi» con gli ex colleghi pentastellati.

Poi, però, nella testa di Beppe Grillo e dei suoi seguaci resta sempre l'ammirazione per il Pci. Di recente diventato la scusa per smentire ipotesi di alleanze: «Col 30 per cento faremo un grande partito di opposizione, come i comunisti di Berlinguer», ha scritto Grillo. Alcuni parlamentari come Roberto Fico, Paola Nugnes o Nicola Morra ancora non hanno timori a definirsi «di sinistra». E a Pier Luigi Bersani, leader di Mdp, i grillini piacciono. Tanto da averli definiti «il vero argine al dilagare del populismo».

Proprio ieri, in Sicilia è spuntata l'ipotesi della solita «convergenza» tra il candidato M5s Giancarlo Cancelleri e quello della sinistra extra-Pd Claudio Fava. Subito smentita da Cancelleri: «Non facciamo alleanze con i partiti, né prima né dopo le elezioni».

Ma alcuni punti del programma grillino parlano chiaro e inducevano, mesi fa, Giorgio Airaudo, deputato di Sinistra Italiana, a dire: «La riduzione dell'orario di lavoro e il reddito minimo li abbiamo inventati noi». Non quel Grillo che salta da destra a sinistra.

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