«Non c'è una sola opera bloccata in questo paese. C'è soltanto la Tav sospesa». Nessun dubbio da parte del ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, che regala ai cittadini granitiche certezze. Peccato che siano del tutto infondate. Possibile che il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti non sappia che ci sono almeno 27 opere bloccate sparse lungo la nostra penisola? Possibile che il responsabile del dicastero che si occupa esattamente di questo rilasci in pubblico affermazioni prive di fondamento? Possibile, certo, se l'assertore dell'ennesima castroneria è l'ineffabile Toninelli. Eppure basta fare un semplicissimo controllo sul sito Ance, quello dei costruttori edili, e verificare la mole di cantieri aperti e fermi per svariati motivi. Molti da anni certo ma non è che questo governo si stia dando molto da fare per mandarli avanti. I cantieri in disarmo sono in tutte le regioni. Si va dalla punta dell'iceberg, ovvero la Torino-Lione in Piemonte attraverso la Lombardia, dove si attende l'alta velocità sulla tratta Brescia-Verona, per proseguire in Toscana che da tanto agogna ad un'autostrada tirrenica. Poi giù attraverso il Lazio dove la Roma-Latina era stata annunciata 18 anni fa per arrivare poi in Puglia dove non si riesce ad avere la strada statale Maglie-Leuca da 24 anni. Si arriva ad un totale di 27 opere che comportano investimenti per 24,67 miliardi. Se tutti i cantieri riaprissero si sbloccherebbero 380.000 posti di lavoro.
Toninelli poi torna anche sulla oramai tristemente famosa analisi costi-benefici sulla Tav che, sostiene «è di natura scientifica e i dati io non li posso confutare». Peccato che lo stesso presidente della Commissione che ha elaborato l'analisi, il professor Marco Ponti, abbia dichiarato davanti alla commissione Trasporti della Camera giusto una settimana fa che «l'analisi costi-benefici è uno strumento imperfetto» e che «è manipolabile» anche se è comunque il migliore a disposizione. Ma Toninelli, intervistato da Radio24, insiste: «dopo aver visitato le strade groviera che ci sono in Italia, gli 8 miliardi e 100 del Tav preferirei usarli per mettere in sicurezza l'esistente». Insomma Toninelli non dice che la Torino-Lione «non serve in termini assoluti» ma piuttosto che «non è al primo posto tra le priorità». Poi aggiunge un'altra chicca delle sue. «L'Ue ha dato finora all'Italia e alla Francia degli spiccioli», dice il ministro. Ma il finanziamento Ue per Tav è di 451 milioni di euro. Spiccioli per il ministro grillino che insiste su un costo per l'Italia di 20 miliardi mentre il costo per il nostro paese è inferiore ai 5.
«Fino al 2020 sono state date pochissime centinaia di milioni si sta parlando di un'opera dove il solo buco nella montagna costa 11 miliardi», prosegue. Toninelli poi annuncia che il governo sta per approvare un decreto per modificare il «codice dei contratti pubblici che sono quelli che veramente bloccano i cantieri e non permettono ai tecnici dei comuni di fare quella firmetta necessaria perché hanno paura di metterla sbagliata».
Preoccupato per la perdita di investimenti e posti di lavoro il presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani: «Se la Tav dovesse venire definitivamente abbandonata, andrebbero in fumo 4,2 miliardi di euro e 50mila posti di lavoro».
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