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Vaccini, ricorso del governo: "Il Veneto rischia l'epidemia"

Il ministero al Tar contro il rinvio deciso dalla Regione. "Zaia responsabile di ciò che potrà accadere negli asili"

Vaccini, ricorso del governo: "Il Veneto rischia l'epidemia"

Alla moratoria del Veneto sull'obbligo vaccinale il governo risponde con un ricorso al Tar. La guerra dei vaccini tra regioni, comuni e governo si combatte a colpi di decreti, circolari e ricorsi. A farne le spese, i genitori sempre più disorientati di fronte al susseguirsi di conferme e smentite sulle scadenze e le certificazioni necessarie per l'iscrizione a scuola.

Al centro del confronto il conflitto tra il potere dello Stato e quello degli enti locali, Regioni e Comuni, che si concretizza nel braccio di ferro in corso tra i ministri della Salute e dell'Istruzione, Beatrice Lorenzin e Valeria Fedeli da un lato e dall'altro il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, che fin dal primo momento ha rivendicato l'autonomia decisionale della regione in materia di sanità. Dopo aver presentato ricorso alla Consulta contro il decreto che impone la profilassi per ottenere l'iscrizione alle scuole dell'infanzia, da 0 a 6 anni ha deciso comunque di non applicare il decreto Lorenzin concedendo ai genitori due anni di moratoria per mettersi in regola con un decreto ad hoc.

Provvedimento definito «insostenibile» dalla Lorenzin. «Senza vaccini a scuola non si entra», attacca il ministro che sta già mettendo a punto il ricorso da presentare al Tar. Zaia rivendica l'autonomia delle Regioni in materia di sanità ma il governo invece ribadirà che «la salvaguardia della salute è di competenza esclusiva dello Stato e quindi non possono esserci orientamenti o normative diverse da regione a regione».

Insomma la guerra è appena cominciata. La Lorenzin ha lanciato un avvertimento a Zaia. «Si assume la responsabilità di quello che può accadere in ogni struttura e ai singoli alunni. - avverte la Lorenzin- L'epidemia di morbillo non è finita». Ma il Veneto non arretra anzi. «La Lorenzin minaccia la migliore sanità d'Italia - tuona il governatore -. Se ci saranno epidemie non saranno certo in Veneto, ma nelle regioni dove non si vaccina. La coercizione crea abbandono vaccinale, serve dialogo con i genitori come facciamo noi». Non solo. Zaia fa notare alla Lorenzin che è la legge a non essere chiara in merito alla data in cui scatta l'obbligo che per Zaia è il 2019 e non il 2017, visto che nel decreto si parla chiaramente di fase transitoria. Il governatore conclude ribadendo che il Veneto non è contro le vaccinazioni ma «prima di arrivare alla coercizione, alle multe, a buttare fuori i bimbi dalle scuole, bisogna parlare».

Per un regione che si sfila un'altra fa invece marcia indietro e rientra nei ranghi indicati dal governo. È la Lombardia. «Avremmo voluto dare 40 giorni affinché nessun bambino restasse fuori da scuola e si desse la possibilità ai genitori con più dubbi o resistenze di poter accedere a un percorso di recupero - spiega l'assessore alla sanità Giulio Gallera -. Ma li daremo ugualmente per garantire il vero obiettivo della legge sui vaccini che è raggiungere la massima copertura vaccinale». La Lombardia insomma ha scelto una terza strada. I bambini che entro il 10 settembre non avranno presentato la documentazione necessaria verranno avviati ad un «percorso formale di recupero dell'inadempimento» che in 40 giorni, consentirà loro di mettersi in regola e riprendere la frequenza con le certificazioni a posto.

Intanto però resta ancora aperta la questione posta al Garante della Privacy ma non ancora risolta. Le scuole hanno avuto il via libera del Garante alla trasmissione dei dati alle Asl ma invece non c'è il via libera per il processo inverso. Quindi le Asl non possono né potranno inviare la documentazione sulle vaccinazioni effettivamente eseguite alle scuole. Ed é chiaro che se non c'è la conferma dell'avvenuta vaccinazione da parte della Asl di fatto il bambino in questione potrebbe aver prenotato la vaccinazione ma non averla mai eseguita.

Insomma sarebbe tutto da rifare.

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