Sarà che ci sta ancora sul gozzo il ricordo di quella volta in cui ci siamo sentite dire «non si può non amare una come te». «Una come me...? Forse volevi dire me, idiota! O tu ti innamori per genere?!». Questo, più o meno, il sottotitolo che ci era comparso in fronte, quella volta. E che ci è tornato alla mente ascoltando il sindaco di Roma, l'altra sera, su Raiuno. L'effetto? Come allora: le unghie sulla lavagna. Ma quando mai l'essere donna ha messo al riparo da qualcosa o da qualcuno? E perché mai avrebbe dovuto, d'altra parte? Virginia Raggi a Porta a Porta come Maria Elena Boschi a Otto e mezzo: «Mi attaccano perché sono una donna».
Il sindaco di Roma come l'ex ministro per le Riforme, gli M5s come il Pd, La Repubblica come Travaglio, Bruno Vespa come Lilli Gruber. Virginia che si difende dalla «vergognosa, oltraggiosa» definizione «Sistema Raggi» coniata dal quotidiano fondato da Eugenio Scalfari, appunto; Maria Elena che respinge(va) gli affondi del direttore del Fatto quotidiano su Banca Etruria. Mi attaccano perché sono «una» donna? Siamo indecisi se le signore in questione soffrano di un'assenza totale di autostima o piuttosto di un eccesso di sé. Da un lato relegano le donne, tutte le donne assieme a loro, nei noti stereotipi («Se ha le ruote o ha le tette, prima o poi darà problemi», «le femmine hanno il dono dell'intelligenza ancora incartato», «donna al volante pericolo costante» e avanti così), dall'altro pensano evidentemente che la femminilità conferisca superpoteri e indossarla sia come mettersi la divisa da vincitore. O invece è una sotterranea richiesta di vantaggio quella che cercano, in quanto donne? Facciamo le emancipate paritarie e poi andiamo a caccia di scorciatoie? Occhio signore a bisbigliare scuse, perché la vita ha le orecchie. Allora era più onesta Rosanna Fratello a Canzonissima quando, nel 1971, cantava «Sono una donna, non sono una santa». Non perché lei si sentisse La signora delle camelie (ma senza la tubercolosi), quanto piuttosto perché spiegava, in note, che non pretendeva di essere santa, in quanto donna. Potrebbe cantargliele la Fratello alla Raggi.
Che da Vespa non trovava di meglio che attaccarsi al genere: «La procura ha detto che io non c'entro, sono stati coinvolti altri esponenti di altri partiti come Michele Civita, ex assessore della giunta Zingaretti e si parla di sistema Raggi» spiegava Virginia in tv «io non c'entro, forse questo accanimento mediatico è perché sono donna...».
La persecuzione di genere, il diritto di genere,
il privilegio di genere, la non bellicosità «per» il genere. «Mee too» per niente, stavolta. Cara Raggi e cara Boschi: «Not in my name», noi ci dissociamo. Noi Io! Voi fate come volete, io vi stupirò con difetti speciali.
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