da Roma
Il 50% del Pil italiano è eroso da tasse e contributi. È quanto hanno calcolato, in maniera tanto semplice quanto chiara, i tecnici della Cgia di Mestre. Il dato in sé è rilevante in quanto dimostra che il fisco in Italia preleva circa la metà di ciò che si riesce a produrre in termini di beni e servizi. La pressione fiscale, che negli ultimi anni si è sempre attestata attorno al 40%, sarebbe, secondo lassociazione dei commercianti e degli artigiani mestrini, sottostimata di circa 10 punti percentuali.
LIstat, ha precisato la Cgia, non sbaglia i conti. Ma nel calcolo annuale del prodotto interno lordo inserisce, in base alle normative Eurostat (listituto europeo di statistica, ndr), anche leconomia non osservata, ossia il sommerso. In Italia il volume di queste attività è stimato tra i 230 e i 245 miliardi di euro. Il Pil nazionale nel 2005 ha toccato quota 1.417,2 miliardi di euro e ha incluso anche il sommerso. La pressione fiscale, calcolata dividendo le entrate dello Stato (663,2 miliardi) per il prodotto interno lordo, si è attestata al 40,6 per cento.
Le stime della Cgia di Mestre si basano proprio su una nuova modalità di calcolare questo rapporto. La considerazione di partenza è molto semplice: «Chi evade, anche se crea Pil, non paga tasse e contributi». Motivo per il quale dal calcolo della pressione fiscale andrebbe stornata quella parte di prodotto interno lordo prodotto dagli evasori, ovvero quei 230-245 miliardi (si tratta di unipotesi perché per il 2005 lIstat non ha fornito il valore calcolato fino al 2004, ndr). Con un divisore più piccolo il risultato della divisione tende a crescere. Ebbene, secondo questo nuovo conteggio la pressione fiscale «reale» nel 2005 si sarebbe attestata tra il 48,5 e il 49,1 per cento. Anche negli anni precedenti i valori non sono molto differenti: si va dalla forchetta 50,4%-51,3% del 2000-2001 (anni dei governi DAlema e Amato) a quella 48,8-50,1% del triennio 2002-2004 del governo Berlusconi.
«Chi in Italia è conosciuto dal fisco - ha commentato Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre - subisce un prelievo fiscale ben superiore al dato statistico ufficiale». Il rimedio proposto da Bortolussi non rappresenta una novità. «È assolutamente improrogabile - ha aggiunto - una seria lotta contro il lavoro nero e labusivismo. Aumentando la platea dei contribuenti potremo così ridurre imposte e contributi a chi oggi ne paga più del dovuto». In fondo, se nè già avuta una prima esperienza con lultima Finanziaria della Cdl con la quale si è registrato un aumento record delle entrate fiscali.
Le elaborazioni degli artigiani veneti, però, si fermano al 2005. E nel 2006 che cosa è successo con lavvento del governo Prodi, con il decreto Bersani-Visco che mirava a colpire da subito gli evasori e soprattutto con il boom delle entrate tributarie favorito dal precedente esecutivo di centrodestra? Si può solo tentare una stima utilizzando lo stesso metodo mestrino e i dati finora a disposizione e contenuti nella Relazione previsionale e programmatica per il 2007 pubblicata sul sito del ministero dellEconomia. Il Pil dellanno scorso è previsto a 1.468,6 miliardi di euro. La pressione fiscale «ufficiale» è stimata in aumento al 41,4% dal 40,6% del 2005. Ma il calo record del fabbisogno delle amministrazioni pubbliche a 35,2 miliardi implica che le entrate fiscali siano state ben superiori ai 663 miliardi preventivati e abbiano toccato quanto meno i 675-680 miliardi.
Il sommerso, lasciato invariato dalla Cgia per il 2005 considerata la stagnazione del Pil, dovrebbe essere cresciuto proporzionalmente allandamento previsto delleconomia (+1,6% annuo) e quindi essersi attestato tra 233,7 e 249,7 miliardi visto che gli effetti benefici del Bersani-Visco dovrebbero dispiegarsi interamente nel 2007. Le entrate fiscali, pertanto, potrebbero aver raggiunto una cifra compresa tra il 54,6 e il 55,4% del Pil.
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