Stefano Zurlo
da Milano
Millequattrocentocinquantacinque denunce nellanno scolastico 2003-2004, 1063 nei dodici mesi successivi. Una media di 3-4 segnalazioni al giorno da parte di Palazzo Marino, domeniche e festivi compresi. Ma i processi contro i genitori che non mandano i figli a scuola si contano sulle dita di una mano. O quasi. I dati sono sconfortanti: davanti allarticolo 731 del codice lazione penale diventa discrezionale.
Per carità, il reato in questione, linosservanza dellobbligo dellistruzione elementare dei minori, è punito con unammenda che fa meno male di un graffio: nella peggiore delle ipotesi 30 euro. Ma la multa, equivalente alla sanzione per un banale divieto di sosta, è unarma spuntata: a spulciare i fascicoli aperti dai Pm si scopre che a finire sul banco degli imputati sono solo, o quasi, i genitori italiani. Per gli altri la giustizia non esiste: centinaia di egiziani, cingalesi, cinesi, filippini, tunisini, sono da indagare secondo il Comune, ma in realtà non vengono «disturbati».
Prendiamo il 2005. Al 1º gennaio erano pendenti, come si dice in gergo, 43 procedimenti davanti ai giudici di pace e altri 15 al tribunale ordinario; in questi nove mesi ne sono sopravvenuti altri 12, di cui 10 al giudice di pace, e se ne sono chiusi complessivamente 12, di cui 5 al tribunale ordinario. In questo momento i casi pendenti sono complessivamente 58. Comè possibile? Come si spiega il divario fra la valutazione di Palazzo Marino e lanalisi della Procura?
Di fatto, i magistrati procedono con i piedi di piombo. E selezionano solo i casi ritenuti più drammatici e gravi. Gli altri non interessano: solo nei giorni scorsi la Procura ha aperto un fascicolo per la cosiddetta scuola di via Quaranta, la cui posizione anomala, o meglio illegale, era stata ripetutamente segnalata dal Comune da almeno un anno e mezzo; identico scenario per le tante, tantissime vicende scoperte con cadenza quotidiana dal Comune e dallassessore alleducazione Bruno Simini. Bambini che non frequentano le elementari, bambini che trascorrono 10-11 mesi lanno nei Paesi dorigine, altre situazioni ancora. Resta la domanda di fondo: come mai il 90 per cento delle denunce firmate da Palazzo Marino finisce nel cestino? «La realtà è estremamente complessa - risponde il Procuratore aggiunto Corrado Carnevali - il passaggio allazione penale non è certo automatico. Spesso ci arrivano elenchi di nomi incompleti e inservibili: liste di bambini di cui si sa poco o nulla, che magari sono tornati nei loro Paesi o sono sotto la tutela di parenti di cui non si sa nulla. Così è molto difficile procedere. Occorrono indagini approfondite e laboriose: ci vogliono le prove. Il tutto per un reato che si prescrive in due anni e si risolve in unammenda di pochi euro». Spiccioli.
Così i dossier che arrivano col contagocce in aula parlano di storie quasi surreali, perfino sofisticate, davanti alle centinaia di bambini spariti sulle strade. Ecco M.P., protagonista di un controverso caso giudiziario nellanno 2002-2003. A quellepoca la ragazza aveva già compiuto i quindici anni e aveva abbandonato gli studi. Tutto regolare? No, secondo la Procura che aveva contestato al padre larticolo 731 del codice in base alla legge 9 del 99 «e allobbligo di istruzione salito da 8 a 10 anni». Per il giudice di pace, però, lazione penale non doveva nemmeno cominciare, perchè la norma determinante è in realtà successiva, del marzo 2003: «Allinizio dellanno scolastico 2002 lobbligo scolastico era ancora novennale e si concludeva pertanto con il compimento del quindicesimo anno». E ancora, ecco la storia di S.I, uscito dal circuito formativo al termine delle medie, sempre nellanno scolastico 2002-2003, «senza proseguire gli studi presso istituti scolastici distruzione superiore ovvero adempiere allobbligo scolastico mediante la frequenza di corsi di formazione professionale o lesercizio dellapprendistato». Un procedimento chiuso questa volta con il pagamento da parte degli imputati di una manciata di euro.
Una manciata di euro per una manciata di sentenze. E il silenzio assoluto su centinaia di bambini, figli di extracomunitari regolari e clandestini, che per la Costituzione dovrebbero stare in classe. E Palazzo Marino cerca. Invano.
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