La Procura stoppata dalle nuove regole vuole condannare almeno un Berlusconi

MilanoUn processo. Anzi due. È questo lo scenario più probabile che si apre all’indomani della nuova richiesta di rinvio a giudizio della Procura di Milano a carico di Silvio Berlusconi per la vicenda Mediatrade, ovvero l’acquisto dei film da trasmettere sulle tv del Biscione. Il motivo è semplice: con l’entrata in vigore della legge sul «legittimo impedimento» il processo a carico del Cavaliere dovrà fare i conti con gli innumerevoli impegni istituzionali del capo del governo, e avrà dunque un percorso quanto mai rallentato. Così per arrivare comunque a una sentenza in tempi brevi, la Procura potrebbe scegliere di sdoppiare il fascicolo: da una parte Silvio Berlusconi, dall’altra gli undici coimputati del premier. È uno schema già applicato in passato. Ma stavolta c’è una novità: tra gli undici imputati del processo «veloce» c’è anche Pier Silvio Berlusconi, il secondogenito del premier. Se tutto andasse secondo i piani dei pm, dunque, nel giro di uno o due anni si potrebbe comunque arrivare alla condanna di un Berlusconi.
L’incriminazione di Pier Silvio fu la sorpresa riservata il 22 gennaio scorso dall’atto con cui i pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro chiusero le indagini sui bilanci del gruppo Mediaset successivi al 2002. Berlusconi junior è accusato di frode fiscale «quale presidente di Rti e vicepresidente di Mediaset», e per lo stesso reato è imputato anche Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset. All’origine dell’accusa, lo stesso meccanismo che sta alla base dell’altro processo già in corso contro Berlusconi senior e Confalonieri per la stessa vicenda dei diritti tv: il costo dei film da mandare in onda sarebbe stato gonfiato a dismisura, con il duplice risultato di far risparmiare alle aziende del premier un bel po’ di tasse (otto milioni circa) e contemporaneamente di creare dei fondi neri incamerati da Silvio Berlusconi e dal mediatore Frank Agrama (suo «socio occulto», secondo l’accusa). Questo secondo aspetto dell’affare è costato al solo Cavaliere anche l’accusa di appropriazione indebita.
La richiesta di rinvio a giudizio è stata accolta ieri dai difensori di Berlusconi come un passaggio scontato. «Non ci stupisce, era un atto atteso da tempo», dice l’avvocato Piero Longo. Semmai, il timore dell’entourage berlusconiano era che il nuovo capo di imputazione venisse formulato a ridosso delle elezioni politiche: e proprio questo era l’intendimento del pm De Pasquale, che sarebbe arrivato a scontrarsi via e-mail con il suo capo, il procuratore aggiunto Edmondo Bruti Liberati, che lo invitava a temporeggiare per evitare accuse di strumentalizzazioni. Alla fine l’ha avuta vinta Bruti Liberati, e il fascicolo è rimasto fermo fino a mercoledì mattina.
Non sarà, secondo quanto si è appreso ieri, una marcia a tappe forzate. La voluminosa documentazione allegata dai pm alla richiesta di rinvio a giudizio è stata consegnata ieri al giudice preliminare Marina Zelante. Il magistrato ha già fatto sapere di avere davanti a sé un calendario assai fitto e di non vedere alcun motivo per garantire al fascicolo Mediatrade una corsia preferenziale. L’udienza preliminare, dunque, non inizierà prima del prossimo giugno e si protrarrà abbastanza a lungo.

Lunedì, intanto, ricomincia il processo «gemello» per i diritti tv, e in quella sede i legali del premier faranno valere gli impegni statunitensi del capo del governo, ma non si fanno illusioni: «Diranno che la certificazione non sarà completa e priva dei connotati previsti dalla legge e quindi respingeranno il legittimo impedimento, perché questo è Milano», dice Longo.

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