Quando Supermarta s’è venduta l’autostrada

Quando Supermarta s’è venduta l’autostrada

(...) Idea non praticata in quanto non praticabile, naturalmente, ma coerente con il dogma, tutto progressista, della «fantasia al potere». Né si può pensare che a Marta Vincenzi, attuale europarlamentare diessina appena candidata a rappresentare l’Ulivo alle primarie del centrosinistra, l’attributo di Super sia stato assegnato per il suo progetto di far comprare all’amministrazione di Palazzo Spinola un bel malloppo di azioni Finmeccanica, nella prospettiva di «controllare e condizionare gli indirizzi e le scelte del management della società e farsi garante dei lavoratori». Correva l’anno d’inizio del terzo Millennio, e i mercati finanziari la presero come una barzelletta. Non se ne fece nulla, naturalmente, ma ci fu chi, nel suo partito - escluso, pare, Claudio Burlando - parlò di «finanza creativa» ben prima della faccenda dei tango-bond. L’amore per l’economia e, soprattutto, per le «scalate» ai salotti buoni del quartierino, per Marta - che pure era giudicata lontana dal settore, per via dei trascorsi di laureata in filosofia, insegnante e preside - dev’essere diventata a un certo punto un’ossessione. Tanto che - ricorda l’avvocato Ferruccio Barnaba, che da capogruppo di Forza Italia in consiglio provinciale ha seguito passo dopo passo le esternazioni della signora presidente e non ne ha perdonata una - l’attuale inquilina dell’europarlamento avrebbe voluto concorrere da protagonista alla privatizzazione dell’aeroporto «Cristoforo Colombo» di Sestri. Mica di tasca propria, è ovvio: anche in questo caso, per acquistare le quote azionarie dall’Autorità portuale o dalla Camera di commercio, a scucire i fondi sarebbe stata la Provincia, alla faccia del trascurabile conflitto di interessi rappresentato da una società pubblica che vende a un ente pubblico. «Anche in questo caso, si è trattato - sottolinea Barnaba - di un altro degli sterili e inutili protagonismi della Vincenzi. Che comunque non ha mai rinunciato, quando se n’è presentata l’occasione, a fare sparate a effetto, assolutamente indipendenti dalla loro realizzabilità».
Meglio è andata, alla presidente-finanziera - ogni riferimento alla squisita ricetta di frattaglie della cucina piemontese è puramente casuale - nel caso della dismissione di quote dell’autostrada Milano-Serravalle: lì, Marta Vincenzi ha superato se stessa, progettando e attuando la vendita delle azioni in portafoglio alla Provincia «con la scusa di serie considerazioni politiche, in quanto la maggioranza della società è in mano alla Provincia di Milano, amministrata da Ombretta Colli, Forza Italia, e dal centrodestra». Disse allora Supermarta: «Non si tratta di vendere un gioiello di famiglia ma, essendosi avvicendata una nuova coalizione alla guida dell’amministrazione provinciale milanese, non sono più perseguibili, nell’ambito della Milano-Serravalle, quelle linee strategiche allo sviluppo sostenibile dell’area e della realtà portuale di Genova». Tutto questo non le meritò, all’epoca, il Nobel per l’Economia, ma un bel gruzzolo di quattrini sì, a favore delle asfittiche casse di Palazzo Spinola: 40 miliardi di lire. E poco importa se, negli atti ufficiali e nei verbali dell’assemblea dei soci della Milano-Serravalle fosse riportato nero su bianco l’impegno, fra gli obiettivi prioritari, di perseguire i collegamenti autostradali con Genova e il suo porto e con l’area del Tigullio, sbugiardando dunque completamente le asserzioni di opposto tenore della Vincenzi.
La quale, nel frattempo, appassionatasi sempre più allo slogan dello «sviluppo sostenibile» utilizzato per giustificare la vendita dell’autostrada, si butta a capofitto nella problematica ambientalista. E fa sfracelli, a suon di affermazioni apodittiche seguite invariabilmente da clamorosi dietro front. Qualche esempio, fior da fiore: promette a Emilio Riva la costruzione del forno elettrico per convincerlo a spegnere l’altoforno delle Acciaierie di Cornigliano (salvo smentire poi sdegnosamente d’averlo mai detto, al momento di firmare ambigui accordi di programma), e promette anche - e fa votare dalla maggioranza dei consiglieri - la costruzione dell’inceneritore dei rifiuti adattando la centrale Enel a due passi della Lanterna. Peccato che negli stessi giorni, a proposito della passeggiata finanziata dalla «sua» Provincia tra le Mura del Chiodo e la Lanterna, Marta sentenzi: «È un itinerario stupendo, che permetterà ai genovesi di recuperare un rapporto antico con la loro città», e fa intendere di essere favorevole a un parco urbano della Lanterna privo di carbonili e centrale Enel. «Ma queste - ribadisce Barnaba - sono solo una minima parte delle contraddizioni e inadempienze istituzionali di una politica fondata sugli annunci e sulle parole piuttosto che sulle opere e sui fatti.

È la politica di Marta Vincenzi, maestra dell’illusionismo e della mistificazione, malata inguaribile di divismo politico, regista e protagonista di una Provincia dimezzata. Una politica - conclude l’avvocato - che ci auguriamo non debba riproporsi a Palazzo Tursi, con lei sindaco, dal 2007. Sarebbe proprio il peggio del peggio: per i genovesi e per la loro città».

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