Gian Micalessin
Era diventata una delle roccaforti della guerriglia, una città senza legge dove imperversavano bande di guerriglieri e taglieggiatori. Una città minacciata da unoffensiva americana simile a quella dispiegata lo scorso novembre a Falluja per ripulirla dalla presenza di insorti e terroristi di Al Qaida. Ma questa volta forse non ce ne sarà bisogno. Forse a liberare Samarra ci penseranno i suoi stessi cittadini e i miliziani delle tribù locali. Cosi almeno racconta un reportage messo in onda nei giorni scorsi da Al Iraqiya, lemittente televisiva irachena controllata dalle autorità governative. Il reportage, seppur con tutte le cautele che riguardano le fonti dinformazione irachene, racconta di una vera e propria insurrezione popolare che avrebbe costretto gli insorti ad abbandonare la città lasciando sul terreno almeno 17 morti.
A dare il via alla sollevazione sarebbero stati i capi tribù locali dopo un incontro con il ministro della Difesa Sadun al Dulaim. Il ministro legato a uno dei clan più influenti allinterno delle tribù che dominano i territori da Samarra al sud di Bagdad aveva convocato gli sceicchi di Samarra per avvisarli del rischio di unimminente offensiva americana e per raccomandar loro una più stretta collaborazione con polizia e lesercito iracheno. Afferrato il messaggio i capi tribù avrebbero deciso di sloggiare gli insorti e salvare la città. In breve, secondo quanto ha raccontato allemittente il generale Wafik al Samarray, la cooperazione tra gli abitanti e la polizia avrebbe consentito di «smantellare le cellule terroriste di Samarra e di rendere la città sicura e pacifica, permettendo alla gente di tornare liberamente nelle strade senza essere terrorizzata dalle gang».
Al successo dellesercito e delle forze di polizia irachene avrebbe contribuito anche la presenza della cospicua minoranza sciita che abita la città. Considerata uno dei luoghi santi della religione sciita Samarra attira, ogni anno, migliaia di pellegrini richiamati dalla cupola doro della moschea dellImam Alì el Hadj.
Ieri, nellimminenza della fine del Ramadan e delle celebrazioni dellEid al Fitr, le autorità militari americane hanno dato il via libera al rilascio di cinquecento prigionieri dal carcere di Abu Ghraib. Vestiti con una maglietta bianca, come vuole la tradizione della festa, i cinquecento rilasciati hanno ricevuto in omaggio un Corano e 25 dollari a testa. Altri mille detenuti erano stati rimessi in libertà allinizio del mese di Ramadan. La scelta dei 1.500 prigionieri da scarcerare è arrivata al termine di una valutazione eseguita da una commissione guidata da magistrati iracheni incaricata di accertare che nessuno dei detenuti graziati avesse commesso crimini violenti o particolarmente gravi. Nel carcere di Abu Ghraib, tristemente noto per lo scandalo delle sevizie imposte ai prigionieri da un gruppo di carcerieri americani, restano detenuti oltre cinquemila prigionieri mentre in tutto lIrak le forze americane ne custodiscono quasi quattordicimila.
Non è ancora confermata, intanto, la notizia dellimpiego di un baby kamikaze per tentare di uccidere il capo della polizia di Kirkuk. La notizia si era diffusa dopo luccisione di un individuo con addosso una cintura esplosiva sorpreso mentre correva verso lautomobile dellalto funzionario di polizia. Centrato dai proiettili lo sconosciuto attentatore si era fatto saltare, ma aveva lasciato negli occhi delle vittime ferite limmagine di un ragazzino di dieci anni.
Ottobre si chiude con il triste bilancio di almeno 93 caduti tra le truppe americane. Oltre ad essere il mese in cui è stata superata la soglia dei 2.000 morti, lottobre del 2005 verrà ricordato al Pentagono come uno dei mesi più duri e sanguinosi. Perdite maggiori si ricordano solo nel novembre e nellaprile del 2004 quando si contarono rispettivamente 137 e 135 morti. In quei due mesi erano però in corso pesanti combattimenti a Falluja e a Najaf.
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