Sallusti non devi arrenderti Ne va della libertà di tutti

Caro Granzotto, mio padre è invalido al 100% e non autosufficiente a causa di un ictus. Percepisce circa 480 euro mensili di accompagnamento e molte delle medicine salvavita che prende non sono esenti da ticket. Quando sento politici regionali e anche nazionali che affermano che i milioni di euro che percepiscono servono “per realizzare azioni di governo sul territorio” mi viene la pelle d'oca: cosa sarebbero? Le feste in costume? Le cene di piacere? Le scorrazzate in auto blu? Ci sono i pensionati che per sopravvivere devono mangiare alle mense della Caritas e imprenditori che si suicidano. La misura è colma. Occorre dimostrare che non siamo sudditi. Devono andare tutti a casa con 500 euro mensili e ringrazino che gli italiani non gli chiedono i danni.
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Lettere come la sua, gentile lettrice, fanno prudere le mani. Lo Stato sociale. Il glorificato welfare. Un pachiderma che non ha mai smesso di straripare le sue inutili ma costose trippe succhiando ai contribuenti miliardi e miliardi e miliardi. Per poi trattare suo padre - e migliaia d'altri nelle stesse condizioni - in quel modo indegno. Per poi costringere all'accattonaggio sociale milioni di pensionati. Fa rabbia, se poi si pensa alle barcate di danaro distribuite perché dei marpioni si possano lustrare il blasone - la patacca - buonista, solidarista, terzomondista e solidarista del cavolo. A suo padre, gentile lettrice, negano l'esenzione del ticket a medicine che pure servono a tenerlo in vita. A centinaia, forse migliaia di africani - l'ho già scritto. Lo ripeto - che non hanno mai risieduto e lavorato e versato contributi in Italia, si concede la pensione grazie allo scivolo del “ricongiungimento”. Politico inghippo grazie al quale i “migranti” si fanno raggiungere dai loro padri, madri, nonni, nonne per i quali, se d'età superiore ai 65, anni scatta immediatamente il diritto a percepire un vitalizio che va dai 600 agli 800 euri. A quel punto se ne possono tornare al villaggio natio e lì goderselo (o farlo godere al “migrante” residente in Italia e delegato a riscuotere) e vai a sapere quando, passando il “ricongiunto” a miglior vita, la regalia va sospesa. Un esempio, questo: se ne potrebbero fare a bizzeffe di casi di mala gestione o meglio, di insensata distribuzione del pubblico danaro. Lo Stato sociale è un carrozzone (e un postificio: pensi solo alle imbarcate di assistenti sociali. Il Paese ne pullula. Ho letto dell'invio di una assistente sociale presso un bambino «per sorreggerlo psicologicamente nella elaborazione del trauma causato dalla perdita del suo cane». Ma si può? Quanto costa al contribuente la cosa, lì, «l'elaborazione»?), un carrozzone, dicevo, che da tempo ha perso di vista la sua prima e originaria ragione d'essere: prendersi cura dei meno abbienti, assicurare pensioni che non siano oboli, consentire a chi è colpito da invalidità di seguitare a vivere una vita dignitosa, permettere ai ragazzi di famiglia con reddito basso di proseguire negli studi (oggi ogni studente universitario - e sono due milioni - ci costa 4 mila e 500 euri all'anno. Che sia ricco o che sia povero. Che sia iscritto a medicina, ingegneria o Scienza della Pace) e via dicendo. Per tornare a fare bene quel che sarebbe deputato a fare, allo Stato sociale basterebbe la metà della metà di quello che spende oggi.

Certo, ne andrebbero di mezzo qualche Mustafà, Abdullah o Mamadou. Sarò anche razzista, però sopra tutto quando il piatto piange, prima il dovuto ai miei concittadini. Dopo, se avanza qualcosa, se ne può parlare.

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