Salvatore Micalizzi

Nacque a Napoli nel 1856 in una famiglia numerosa e di modeste condizioni. Rimase presto orfano di entrambi i genitori per via di una di quelle epidemie di colera che periodicamente flagellavano la città. Per questo motivo Salvatore dovette dare una mano, lavorando, ai fratelli e rimandare a tempi migliori il suo desiderio di entrare nel clero. Solo nel 1882, infatti, poté venire ordinato sacerdote. Dopo quattro anni di attività in varie parrocchie cittadine si fece accogliere nella Congregazione della Missione, comunità di sacerdoti che si impegnavano nella predicazione delle cosiddette missioni popolari e negli esercizi spirituali per il clero. Il Micalizzi soggiornò, talvolta come superiore, in varie case della congregazione: a San Vito dei Normanni (in quel di Brindisi), a Lecce, Bari, Taranto. Per le sue missioni girò praticamente tutto il Meridione italiano, ma soprattutto si fece un nome come predicatore di esercizi spirituali al clero, tanto che il pontefice s. Pio X lo volle come suo consigliere. Morì nel 1937 e la sua tomba si trova nell'atrio della chiesa detta «dei Vergini» a Napoli. Ora approfitto dello spazio rimasto per rispondere a un lettore milanese che in data 7 ottobre (giorno del mio onomastico) ha osservato come io usi di rado il termine «comunisti» quando commemoro i martiri della guerra civile spagnola.

Quantunque ciò non sia esatto, coloro che massacravano cattolici inermi nel 1934 e nel 1936-39 non erano solo comunisti ma anche socialisti, anarchici e massoni. Per questo devo ricorrere a termini onnicomprensivi come rojos o miliziani.

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