La scheggia che non è impazzita

Consorte, chi era costui? Risponde Massimo D'Alema: non una struttura, ma una scheggia impazzita. È una sfida coraggiosa, quella del presidente Ds: isolare, come un «compagno che sbaglia», un dirigente delle coop così profondamente inserito nella struttura della cooperazione. Tra l'altro l'iniziativa della magistratura è ancora in corso e probabilmente non saranno le sole telefonate, fino ad ora registrate, ad occupare la scena. L'atto del presidente Ds è un atto di imperio, ricorda un altro solenne «non ci sto», pronunciato dal presidente della Repubblica Scalfaro in simile occasione. Non a caso Massimo D'Alema aveva minacciato la lista propria dei Ds anche alla Camera dei deputati, per ammonire che non poteva accettare le dissociazioni di Prodi e le riserve degli alleati.
Ha minacciato di far saltare in aria il tavolo ed ha ottenuto che si facesse un grande silenzio: non solo da parte degli alleati, ma anche dalla stessa stampa.
Ha mostrato di essere quello che è noto che sia: l'unico vero leader dei Ds con le qualità necessarie per esercitare un tale ruolo e per dare forza alla sua iniziativa. Ha querelato Il Foglio di Giuliano Ferrara che gli attribuiva interessi diessini sul «tesoretto» dei furbetti ed ha assolto, da ogni accusa preventiva, il tesoriere dei Ds Sposetti.
Ciò mostra che i rapporti di forza nell'alleanza giocano in favore dei Ds, che è la sola vera forza politica della coalizione. Ma indica anche la debolezza interna della coalizione se si pensa che sia stata necessaria la minaccia di far saltare l'accordo con Prodi, nonostante le primarie, per condurre gli alleati a cessare di porre sui Ds la questione morale.
È Prodi stesso che ha dovuto smentire Gad Lerner che aveva coinvolto Sposetti nelle operazioni bancarie.
Siamo giunti dunque al momento in cui contano nella coalizione di sinistra solo i rapporti di forza, perché la solidarietà politica in termini culturali e programmatici non esiste.
Ma il processo è appena iniziato ed ormai le connessioni Fiorani, Ricucci e Consorte sono certe. D'Alema dovrà mantenere alta la proposta del «tridente» per evitare che Prodi pensi a liste autonome. Il fatto stesso che sia emersa l'idea di creare la lista dell'Unione al Senato, indica che il timore dei Ds di vedersi scavalcati a sinistra e a destra è piuttosto forte e che ora l'Ulivo e l'Unione possano esistere politicamente solo avendo le bocche reciprocamente chiuse, mentre la vicenda giudiziaria è in pieno corso.
Chissà se i poteri forti insisteranno sul loro linguaggio o se anche essi temeranno di creare una rottura a sinistra che non corrisponde alla loro volontà.
Certamente la coalizione di centrosinistra è fondata sulla diffidenza e sull'odio reciproco: nonostante tanto linguaggio sul programma, esso è diventato una parola proibita.
Se il centrosinistra vincerà le elezioni, avremo la guerra di tutti contro tutti, lo stato di natura descritto da Thomas Hobbes.
Ma i fatti hanno la testa dura e D'Alema non ha il potere di schierarsi come Mosè sulle rive del Mar Rosso per fermare dinanzi al popolo eletto diessino le acque che incalzano da destra e da sinistra. E soprattutto dal centro.
La crisi del centrosinistra ormai è aperta: solo il timore che esso venga distrutto, nonostante abbia la maggioranza nei sondaggi, ha impedito alle sue componenti di far saltare l'alleanza. Il paradosso sta nel fatto che l'unica vera forza della sinistra sono i Ds e, nel suo campo, Rifondazione Comunista. I numerosi alleati, Margherita compresa, esistono solo perché permane nella forza politica postcomunista l'unica struttura e tradizione del Novecento che sia passata sostanzialmente intatta nel nuovo secolo.
Eppure, proprio con D'Alema, i postcomunisti sono entrati nel gioco delle privatizzazioni. Anche all'Est, in Russia ed altrove, il personale comunista ha gestito in persona propria le privatizzazioni: i comunisti sono sempre stati i più capaci di passare dalla proprietà di Stato alla proprietà privata in loro mani senza battere ciglio.
La via dei comunisti alle privatizzazioni esiste ovunque i comunisti erano al potere. In Francia ed in Germania le privatizzazioni non esistono o non sono state politicamente significative. In Italia come all'Est esse hanno voluto significare il passaggio del personale comunista dal comunismo al capitalismo.
Massimo D'Alema è la figura più emblematica del passaggio dal Pci ai Ds: ed in quanto comunista di qualità che ha gestito il passaggio alle privatizzazioni come una figura essenziale della sua identità politica. Per questo l'Opa sulla Bnl non è l'opera di una scheggia impazzita, ma fa parte del passaggio dal comunismo al capitalismo in chiave di continuità. Era per questo inevitabile che Palazzo Chigi fosse, come disse Guido Rossi, l'unica Merchant bank del mondo in cui non si parlava inglese. Perciò Consorte non è un «compagno che sbaglia», ma uno che segue la linea, liquidarlo significa limitare i danni immediati.


Vi è da pensare che se i postcomunisti andassero di nuovo al potere, all'interno del governo sorgerebbe di nuovo una merchant bank per attuare quelle privatizzazioni dell'Eni e dell'Enel nelle quote residue teorizzate sul Corriere della Sera da Francesco Giavazzi e da Mario Monti.
Infine come non ricordare, nei giorni di Putin, quella mirabile privatizzazione comunista che è la Gazprom?
bagetbozzo@ragionpolitica.it

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