«La scuola rischia di diventare ghetto»

Roma Se non accetta di essere valutata la scuola pubblica muore. Impossibile migliorare se non si verificano i risultati. E nella prospettiva di un ulteriore declino la soluzione trovata dalle famiglie più abbienti e dagli studenti «migliori» sarà inevitabilmente quella di scegliere scuole private internazionali. La scuola statale diventerà un «ghetto» per chi non può permettersi altre scelte.
L'analisi della Fondazione Agnelli nella Rapporto di ricerca sulla valutazione della scuola giunge a questa conclusione e rappresenta un'esortazione ai docenti e al mondo della scuola a superare tutte le resistenze verso un Sistema Nazionale di Valutazione che permetta alla scuola italiana non soltanto di risalire la china delle classifiche internazionali come Ocse-Pisa ma anche a superare gli squilibri di un sistema a macchia di leopardo. Paradossalmente nel nostro sistema scolastico non esiste neppure un esame centralizzato basato su prove standardizzate confrontabili a livello nazionale. Non lo è l'esame di Maturità perché i risultati da istituto a istituto non sono assolutamente confrontabili. E per Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli, pure l'esame di terza media, l'unico che al momento preveda una prova obbligatoria standard per tutti messa a punto dall'Istituto Nazionale di Valutazione, Invalsi, «è superato» visto che non segna neanche più l'assolvimento dell'obbligo scolastico elevato a 16 anni. Tanti i tentativi di costruire un Sistema Nazionale ma tutti hanno fallito. Il rapporto dunque cerca prima di tutto di individuare le ragioni di questi fallimenti a cominciare dal famoso «Consorsone» di Luigi Berlinguer al tentativo di Mariastella Gelmini che è quello che più si è avvicinato alla costruzione di un vero e proprio sistema organico di valutazione per un gruppo ristretto di istituti «volontari». Arrivare più tardi può essere utile perché si possono evitare gli errori già fatti dagli altri.
«La valutazione non deve riguardare i singoli docenti ma le scuole perché le competenze degli studenti sono frutto di un lavoro d'equipe - spiega Gavosto -. In secondo luogo non si possono assegnare premi in conseguenza di una valutazione positiva perché questa impostazione porta a comportamenti opportunistici o manipolatori come già abbiamo visto accadere in altri paesi». Numerosi infatti gli scandali in Usa dove in base ai risultati dei testi vengono incrementati i finanziamenti e dunque dilaga il fenomeno del cheating, ovvero professori che aiutano i loro alunni ad ottenere il massimo dei punteggi. Buoni risultati potrebbero invece essere incoraggiati assegnando una maggiore autonomia alle singole scuole e più libertà di gestione del personale al dirigente scolastico che potrebbe procedere alla chiamata diretta dei docenti sicuramente attratti da un istituto con buona fama. La valutazione affidata sempre all'Invalsi, Istituto nazionale di Valutazione, attraverso una serie di test da sottoporre agli studenti rappresenterebbe una prima tappa.

Una volta conosciuti i risultati dovrebbe entrare in gioco il Corpo degli Ispettori, una sorta di task force ministeriale che interverrebbe nelle scuole risultate più scarse per individuare attraverso una serie di visite i punti deboli in collaborazione e non in contrasto con il corpo docente. «Tutti i risultati poi dovrebbero essere pubblicati online dalle scuole - conclude Gavosto - Le famiglie hanno diritto alla massima trasparenza, devono sapere che cosa imparano a scuola i loro figli».

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