In sedici ricette tutto il sapore della letteratura

«La zuppa di Kafka» di Mark Crick: da Omero a Steinbeck imitazioni «culinarie» di scrittura

«Avrei avuto bisogno di un tavolo da Maxim, cento verdoni e una bionda da mozzare il fiato. Ma avevo solo un cosciotto d’agnello, e nessun indizio per capire cosa farmene». Siamo all’incipit di un libretto irresistibile, divertentissimo, sprizzante fosforo. Nelle righe appena citate Mark Crick, fotografo inglese, emula lo stile del grande Raymond Chandler, celebre per i suoi thriller e per l’immortale sua creatura, il romantico, rude e cavalleresco detective Philip Marlowe, ulteriormente immortalato nel cinema da un Bob Mitchum letteralmente posseduto dal demone del suo personaggio.
Di che cosa stiamo parlando? Di un’idea che Borges avrebbe patrocinato e sostenuto, se avesse avuto un figlio o un nipote gastronomo e innamorato della letteratura, universalistico come lui, e dal suo sangue dotato di un sottilissimo umorismo.
La zuppa di Kafka, sottotitolato Storia della letteratura mondiale dalle origini a oggi in sedici ricette (Ponte alle Grazie, pagg. 118, euro 10) è, ripeto, un volume divertentissimo in cui l’autore compila e descrive sedici ricette piuttosto complesse e di fatto utilizzabili, in ognuna delle quali imita lo stile di uno scrittore. Certo, l’intenzione paradossale è evidente: il fatto che accanto a Omero compaia, nella crestomazia universale della letteratura, Italo Calvino, è eloquente sul taglio umoristico dell’impresa. Irresistibile la ricetta omerica, sin dai preliminari, la caccia dell’animale da cucinare: «Così, quando l’Aurora dita rosate apparve, Odisseo si levò dal suo giaciglio e mise l’arco a tracolla. Non fallace fu la sua mira, ma Apollo che lungi saetta, ancora adirato con gli Achei gambali robusti, mandò il dardo a perdersi innocuamente nella sabbia».
Si susseguono ricette nell’imitazione, a volte parodistica (Calvino, Jean Austen, Proust, Pinter) a volte manieristica e affettuosa (Borges, Chandler, García Márquez, Steinbeck) di scrittori dalla cifra stilistica inconfondibile. Irresistibile l’imitazione del grande, magnifico, esagerato Steinbeck: «I porcini erano lì, secchi e raggrinziti. Ogni pezzetto era contorto per la sete e aveva il colore della terra riarsa».
Felice l’esito, un divertimento letterario che stranamente diverte anche il lettore, grazie pure al contributo straordinario del traduttore: per usare i calchi dell’Odissea nella classica traduzione di Rosa Calzecchi Onesti, quelli americanistici anni Cinquanta di Steinbeck, quelli cinematografici di Chandler, non basta saper tradurre, bisogna avere il senso della letteratura sulle papille, come dimostra il raffinatissimo e evidentemente divertito Leopoldo Carra. Il libro coniuga cucina e letteratura secondo uno stile inventato genialmente da Rex Stout con Nero Wolfe e proseguito con classe dalle edizioni Salani e Ponte alle Grazie. Accurate e serie le ricette, anche se quelle del suo editore, Luigi Spagnol, sono più affidabili. Non è colpa di Mr. Crick l’essere inglese e quindi privo di un palato cattolico.


L’onestà del recensore mi invita a sconsigliare le cozze di Calvino, con burro e panna (pur essendo ligure non se ne sarebbe accorto, immerso nella sua letteraria astrazione) e il coque-au-vin, arbitrario, confuso con un civeé, e senza sapere che il vino di tal piatto può essere solo e tassativamente Bourgogne. Ma a parte il gallo e le cozze, vale la pena di divertirsi sulle pagine, e anche sulle ricette, ai fornelli.

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