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Sharon abbandonato dal Likud Netanyahu si candida a premier

Israele verso il voto anticipato. Il 26 settembre le primarie del partito. «Bibì» favorito nei sondaggi con il 46,9 per cento

Gian Micalessin

L’ultima diga è crollata, il Comitato centrale l’ha abbandonato, Bibì ha raccolto l’ascia di guerra, il vecchio Arik è solo. Sempre più solo. Come cento volte sui campi di battaglia. Come nella vita, dopo che seppellì l’adorata moglie. Come tante altre volte nel deserto della politica quando inaspettatamente, fortunosamente, irriverentemente, ribaltò e calpestò il destino. Saprà farlo anche questa volta?
Bibì, Benjamin Netanyahu, l’eterno indeciso, l’eterno rivale, l’ex premier sepolto e umiliato da Arik, questa volta pensa di poterci riuscire. Dietro ha la maggioranza di quel Likud che Sharon fondò e rappresentò. Lunedì la direzione del partito è sfuggita al controllo del grande vecchio, e ha approvato la convocazione delle primarie per il 26 settembre prossimo. Una mossa che, se verranno confermati i sondaggi, vedrà Bibì alla testa del partito e in corsa per guida del Paese. Il comitato centrale del Likud ha insomma pugnalato in un solo colpo il capo del governo, il proprio leader e uno dei padri fondatori. E ieri mattina Bibì ha lanciato la sfida annunciando la sua candidatura.
«Il Likud oggi ha bisogno di un leader capace di serrare i ranghi, sanare le rovine e guidare il partito alla vittoria. Per questo annuncio la mia candidatura alla guida del Likud e a primo ministro». Poi ha anche lui affondato il coltello nella schiena di Arik. «L’uomo che ha preso i vostri voti vi ha voltato le spalle, ha abbandonato i princìpi del Likud, ha scelto un cammino diverso, quello della sinistra. Spetta a noi restaurare il Likud e i princìpi che Sharon ha calpestato».
Nelle stilettate del 56enne Netanyahu c’è tutta l’acredine e la rabbia di chi 24 ore prima si era sentito definire «inadatto a guidare il Paese e il partito». Parole pesanti, che Sharon è pronto a trasformare in macigni nei prossimi mesi. Certo, ora tutto è contro di lui. Se le primarie fossero domani Bibì vincerebbe con il 46,9% dei voti contro il 35,5% di Arik. Fosse un altro uomo, Arik si accontenterebbe di passare alla storia come lo statista capace di dire addio a Gaza. Ma Arik neppure a 77 anni conosce la parola resa. Certo la mossa del comitato centrale e la candidatura di Bibì gli fanno terra bruciata intorno. Con un premier rinnegato dal suo partito e un governo affondato, per la prima volta nella storia d’Israele, dalla stessa formazione di maggioranza, i laburisti non attenderanno un minuto per abbandonare l’esecutivo. Le elezioni anticipate saranno inevitabili. Per parteciparvi Sharon potrebbe uscire dal partito, fondare una nuova formazione di centro, magari - come predice qualcuno - dare vita a una nuova creatura politica assieme all’82enne leader laburista Shimon Peres e al 73enne Yosef Lapid. Se la politica fosse semplice somma di voti, il partito dei tre vecchi conquisterebbe la maggioranza della Knesset. In verità ben pochi parlamentari sono pronti ad abbandonare i partiti tradizionali per seguire tre leader a fine carriera. Peres ha già detto di non volerci stare, Lapid non si sbilancia. Volente o nolente l’irriducibile Sharon dovrà dunque riconquistare il suo Likud. Dalla sua ha il rispetto internazionale guadagnato con il ritiro da Gaza. Un rispetto che diventerà trionfo a metà settembre quando - a pochi giorni dalle primarie, verrà ricevuto all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Per assurdo dovrà sperare che i nemici palestinesi siano, questa volta, pronti a tenergli bordone evitando nuovi attacchi e nuovi spargimenti di sangue.
Se la dea bendata guiderà un’altra volta la marcia del generale bulldozer, recuperare lo svantaggio potrebbe non essere impossibile. Quel sondaggio non ricorda gli indecisi. Non prevede l’incognita della candidatura alle primarie di Uzi Landau, il ministro del Likud che - a differenza dell’indeciso Bibì - non votò due volte a favore del ritiro da Gaza prima di dimettersi.

E dimentica i cattivi ricordi lasciati da Netanyahu premier, che nel 1996 vinse le elezioni promettendo alla destra israeliana di congelare la pace di Oslo e finì poi con il firmare gli accordi di Wye al fianco di Yasser Arafat.

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