Politica

La sinistra ds: mai nel Partito democratico

E il ministro dell’Università rifiuta di entrare nella segreteria del Botteghino

Laura Cesaretti

da Roma

Il Partito democratico, «per quel che se ne capisce», non potrà «essere il mio e il nostro partito». Come previsto, dal Correntone ds, riunito ieri a Roma, arriva l’altolà a Piero Fassino, e una richiesta precisa: «Ci vuole un congresso, in tempi certi e ravvicinati. Non si sciolgono i Ds, non si fonda il “Partito democratico” senza un congresso», avverte Fabio Mussi.
Anche perché, spiega il ministro dell’Università, «il gruppo dirigente attuale dei Ds non ha il mandato per procedere: non c’è un solo documento congressuale che autorizza la formazione del “partito unico”».
Alla vigilia del Consiglio nazionale, il parlamentino della Quercia che si riunirà il 13 luglio prossimo, la sinistra del partito pone un bel macigno sulla strada del segretario. Che aveva spiegato di essere rimasto fuori dal governo (accettando il veto dalemiano) proprio per dedicarsi al «grande obiettivo» di «trasformare l’Ulivo in un grande Partito democratico». Quell’obiettivo oggi appare molto più lontano. E non solo per il niet del Correntone ds, che pure ha un suo indubitabile peso perché Fassino non vuol certo passare alla storia come il segretario che ha subito una nuova, e presumibilmente pesante, scissione nel nome dell’Ulivo. E perché sa benissimo che l’argomento principe che Mussi e i suoi hanno scelto di cavalcare (l’appartenenza della Quercia alla grande famiglia del socialismo europeo, cui si rischia di dover rinunciare in caso di fusione con la Margherita, che di entrare nel Pse non vuol sentir neppure parlare) è un argomento forte, che in un congresso «potrebbe facilmente ottenere la maggioranza», come paventa Peppino Caldarola.
È più lontano, quell’obiettivo, perché - a parte Prodi - tutti gli attori della infinita commedia dal titolo (di scarso appeal) «partito democratico» appaiono intenzionati a frenare quanto il coerente Mussi, che il suo no lo ripete dall’inizio della storia. Frena da giorni Massimo D’Alema e ieri alcuni esponenti a lui molto vicini (da Gianni Cuperlo ad Alfredo Reichlin) erano presenti alla riunione del Correntone. Mentre altri, da Gavino Angius a Luciano Violante, hanno inviato sonori avvertimenti al segretario perché non si sogni di accelerare e di gestire «oligarchicamente» dal Botteghino il processo di fusione. Frena la Margherita, la cui anima ex Ppi sta alzando le barricate contro il matrimonio coi ds, con i quali non c’è alcuna «sintonia sui valori», come dimostrano le profonde divisioni sui temi della bioetica, della laicità e dei diritti (sottolineate anche da Mussi). Ma lo stesso vicepremier Rutelli appare molto cauto e in sintonia con D’Alema sulla necessità di «evitare strappi e accelerazioni» che «squasserebbero» i partiti. «È logico - dice un dirigente a lui molto vicino -, Massimo e Francesco non hanno alcuna intenzione di lasciare a Fassino campo libero per gestire la partita mentre loro stanno al governo». Né hanno intenzione di lasciare troppo margine di manovra a un’altra categoria di protagonisti, quella dei «grandi sindaci» ulivisti, da Chiamparino a Veltroni a Cofferati, che invece premono per affrettare il salto verso il nuovo soggetto, e che Fassino vorrebbe coinvolgere nel «cantiere» del Partito democratico.
Così lo stop del Correntone è solo la punta di un iceberg in realtà assai più vasto. Gli uomini di Mussi sono convinti che alla scissione non sarà necessario arrivare. «Anche perché noi - spiegano - non abbiamo alcuna voglia di andare a fare gli “indipendenti” dentro Rifondazione». E infatti Mussi non ha risparmiato critiche anche alla sinistra radical dell’Unione. Ma ha anche pubblicamente rifiutato l’offerta di Fassino di far entrare la minoranza nella nuova segreteria che sarà varata al Cn, e lanciato l’ipotesi di una «fondazione» che «lavori intorno alle idee fondamentali per la sinistra in Italia». Quanto a Fassino, chi ci ha parlato in questi giorni lo descrive «molto preoccupato». Ieri ha chiamato a raccolta i segretari regionali, scesi in campo a dichiarare che «sarebbe un errore congelare l’Ulivo». E ha anche incaricato il coordinatore Migliavacca di condurre le trattative con il Correntone in vista del Cn. Al quale non verrà presentata la richiesta di congresso anticipato, ma in cambio di «parole chiare» del segretario. La minoranza ecologista guidata da Fulvia Bandoli lancia una mediazione: «La proposta per questa fase è quella di una federazione tra ds e dl, che lasci un profilo autonomo ai partiti senza disperdere il messaggio unitario dell’Ulivo». E al Botteghino confermano che sarà quello il «passaggio intermedio» che il segretario potrebbe proporre.

Anche perché «aprire una sorta di referendum interno sul partito democratico sì o no servirebbe solo a destabilizzare il governo», avverte Antonello Cabras.

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