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Ecco il sogno di Jodorowsky che svegliò la fantascienza

In un documentario la storia del film mai realizzato. Nel 1975 a Hollywood lo considerarono troppo ardito

Ecco il sogno di Jodorowsky che svegliò la fantascienza

Nei prossimi giorni sentirete parlare della prima mondiale, alla Mostra del Cinema di Venezia, del kolossal Dune, diretto da Denis Villeneuve, prima parte dell'adattamento su grande schermo del romanzo fantascientifico omonimo, del 1965, di Frank Herbert. Si spera, con risultati migliori di quelli ottenuti da Lynch nel 1984, quando provò a trasporre Dune ricevendo critiche negative. Eppure, è a un Dune cinematografico che la fantascienza, dagli anni '80 in poi, si è abbeverata, cambiando i suoi canoni e vivendo uno dei momenti più floridi e creativi nel suo genere. Solo che quel Dune, dal quale tutti i più grandi registi pescarono, non fu mai realizzato. Lo racconta molto bene il bellissimo documentario Jodorowsky's Dune, diretto da Frank Pavich, che arriverà nelle sale italiane, dopo qualche anteprima, dal 6 settembre.

Il cileno Alejandro Jodorowsky è uno di quei cineasti irriducibili che mettono l'arte davanti all'industria. Di solito vengono etichettati come visionari, quando non si riesce a capirne l'essenza. Dopo alcuni anni di regia teatrale, passò al grande schermo con titoli cult come Il paese incantato (talmente folle, che il Messico lo vietò), El Topo e soprattutto La montagna sacra (1973) che fu il secondo incasso, in quell'anno, in Italia, dietro solo a James Bond. Forte del successo, fu a quel punto che Jodorowsky, spinto dal produttore francese Michel Seydoux, nel '75 decise di realizzare Dune. E cosa si era messo in testa? «Di fare una pellicola che desse le allucinazioni che si hanno con l'Lsd, ma senza allucinogeni. Con Dune, la mia ambizione fu tremenda. Volevo creare un profeta, per cambiare le menti giovani di tutto il mondo. Dune era l'arrivo di un dio artistico, cinematografico. Volevo fare qualcosa di sacro, libero, che aprisse la mente». Ingaggiò un team incredibile che comprendeva i designer H.R. Giger, Moebius e Chris Foss, oltre all'esperto di effetti speciali Dan O'Bannon. Per due anni «Jodo» e il suo team lavorarono giorno e notte all'immane compito di creare il favoloso mondo di Dune: più di tremila storyboard, dipinti, costumi incredibili e una sceneggiatura potente.

Anche la scelta del cast artistico non fu banale. Per la parte del Duca Leto ingaggiò David Carradine, all'apice del successo. Voleva un gruppo musicale diverso per ogni pianeta e decise di affidare ai Pink Floyd la parte riguardante Leto. Il gruppo, però, durante il primo incontro, lo ignorò, mangiando hamburger e facendolo arrabbiare: «Come non potete capire che vi do l'opportunità di lavorare al più importante film della storia dell'umanità? E voi mangiate Big Mac». Si misero d'accordo. La parte di Paul venne affidata al figlio Brontis. Voleva a tutti i costi nel cast Salvador Dalí (come Imperatore), appena fidanzatosi con Amanda Lear (alla quale fu promesso il ruolo della principessa Irulan), che accettò a un solo patto: «Voglio essere l'attore più pagato al mondo». Lo ingaggiarono a minuti. Nel film ne erano previsti cinque e la proposta, accettata da Dalí, fu 100mila dollari al minuto. Mick Jagger, che era all'apice della fama, doveva interpretare Feyd-Rautha. Ricorda Jodorowsky: «Eravamo a Parigi, in un salone. Lo vidi camminare, si mise di fronte a me e gli dissi che lo volevo per il mio film. E lui disse una sola parola, ovvero sì». Invece per convincere Orson Welles a interpretare il Barone Harkonnen gli propose: «Se fai il film, oltre a pagarti come attore, assumerò lo chef del tuo ristorante preferito, così mangerai ogni giorno». E lui accettò.

Ogni Studios degli Usa ricevette lo storyboard. Mancavano cinque milioni per completare la pellicola. Però Hollywood preferiva idee già sperimentate, che somigliavano ad altri film. Questo, con divagazioni spirituali e metafisiche, spaventò gli Studios che rispondevano: «È bello, economicamente vantaggioso, ma non capiamo il regista». Hollywood aveva paura di quel tipo di fantascienza e disse no. E il sogno di quel Dune finì lì. Mai nella storia del cinema un titolo era arrivato così in avanti, nella sua realizzazione, per poi bloccarsi. Che lo storyboard fosse, comunque, girato per le ville di Hollywood, appare più che una semplice supposizione. Basta vedere come tanti film di fantascienza «pescarono» in maniera più o meno esplicita da quel Dune mai realizzato. A partire dal primo Star Wars, datato 1977, che ha tanti riferimenti a quello che Jodorowsky concepì, come i famosi combattimenti con le spade laser o l'allenamento di Luke con la sfera sul Millennium Falcon che ricorda quella, disegnato su carta, di Paul con un robot. Per dire: prima di quel folle progetto del regista visionario, nessuno aveva mai pensato di fare inquadrature dal punto di vista del robot, attraverso il suo visore; guarda caso, dopo lo abbiamo visto fare centinaia di volte, come nel Terminator di Cameron (1984).

C'è un disegno in cui Paul doveva stare in piedi, in trance, mentre una luce saliva verso il soffitto della caverna, scendendo poi in volo verso i Fremen, con il fumo che si diffondeva nel collasso generale. Ebbene, date un'occhiata alla scena quasi analoga de I predatori dell'arca perduta di Spielberg (1981). E la sequenza iniziale di Contact diretto da Zemeckis nel 1997? Il doc non lascia molti dubbi sul fatto che sia «ispirata», per non andare oltre, a quella pensata dal regista cileno. E che dire di Prometheus, firmato da Ridley Scott, con un paio di sequenze quasi identiche a quelle ideate dal Dune mai arrivato sul grande schermo? Come afferma il critico cinematografico Devin Faraci: «Dune è il più grande asteroide che abbia quasi colpito la Terra, comunque fecondandola con le sue incredibili spore. In un mondo senza il Dune di Jodorowsky, Alien non sarebbe esistito e, senza Alien, non avremmo Blade Runner. Senza Blade Runner non ci sarebbe stato Matrix». Insomma, si può affermare che il più grande film di fantascienza della storia del cinema non sia mai stato girato.

È Hollywood, bellezza.

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